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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

#IntervisteSpaceSerieA: Paolo De Paola

Buonasera Dr. De Paola e benvenuto in SpaceSerieA. Vogliamo iniziare la serata con il ricordo di un grande calciatore scomparso prematuramente.  Il 30 maggio 1994 perdeva la vita un grande capitano della Roma, Agostino Di Bartolomei. Oggi è il 31 maggio e da allora sono passati, circa, 28 anni dalla scomparsa del forte centrocampista romano. Lei ha conosciuto l’indimenticato Diba?

Purtroppo, No! L’ho conosciuto molto superficialmente. Ero alle prime armi come giornalista professionista. Mi sono accostato a questa professione nei primi anni ’80; comunque mi muovevo in un territorio che è quello della Campania perché sono originario di Napoli. Lavoravo prevalentemente per i campi di serie C, anche il Salerno. Per questo motivo non ho mai avuto un incontro ravvicinato con Agostino Di Bartolomei. Però ho conosciuto il figlio che è una splendida persona. Ragazzo molto intelligente. Su quella vicenda c’è qualcosa da chiarire tra cose dette e non dette. E’ stato un fulmine a ciel sereno, qualcosa che non mi sarei mai aspettato. Agostino era un personaggio serissimo, personaggio quadrato, un personaggio che quasi per serietà potevi paragonare a Gaetano Scirea. La morte di Di Bartolomei ha lasciato un grande vuoto e tantissimi dubbi sulla sua scomparsa prematura.  

Ritorniamo a lei, ci può parlare della sua carriera professionale nel mondo del calcio?

Ho diretto con successo praticamente tutti e tre i più importanti giornali sportivi italiani. Ho diretto Tuttosport, il Corriere dello Sport e sono stato Vice Direttore della Gazzetta dello Sport.

Sono passati, ben, dodici anni dalla vittoria dell’ultima Coppa Europea da parte di una squadra italiana. L’ultimo trofeo è quello di José Mourinho con l’Inter, il mitico triplete dell’era Moratti. Quest’anno la Roma, targata Usa, ha vinto la Conference League sempre con lo Special One. È soltanto una bizzarra coincidenza o c’è qualcosa di più?

Ho capito dove vuoi arrivare…. alla polemica attorno alla Roma anche a causa del confronto perso con la Lazio in campionato. Faccio subito causa alle tue intenzioni: Mourinho deve essere valutato per quello che ha fatto in campionato o per quello che ha fatto in Coppa? Per me Mourinho ha fatto benissimo. Spesso l’ho detestato, giornalisticamente parlando, però con il tempo mi sono reso conto che nessuno propone un calcio e, soprattutto, un attenzione al calcio come lui. Per me lui è un collega o quasi. E’ un uomo che attira talmente tanti interessi da tenere in pungo, addirittura, una tifoseria difficile come quella della Roma che è tra le più polemiche che io abbia mai conosciuto in vita mia. Con il suo carisma Mourinho riesce a tenerla, non soltanto a bada, ma a convincerla a pensare come lui. Per cui, il mio voto è dieci alla stagione di Mourinho. Non mi interessa il posto raggiunto in campionato. Certamente, si, poteva fare meglio perché, alla fine, ha fatto un punto in più di Fonseca rispetto all’anno scorso. Mourinho, inoltre, ha avuto il grande merito di lanciare tanti giovani. Dall’anno prossimo si valuterà questa nuova proprietà e nello specifico se essa gli metterà a disposizione nuovi calciatori per una squadra capace di dominare anche in Serie A. Ribadisco, a scanso di equivoci, non disdegno la Conference League ed è profondamente sbagliato dire che questa Coppa sia un trofeo minore. La Conference League viene prima della Coppa Italia e prima della Supercoppa Italiana. E’ il terzo trofeo europeo per importanza dopo Champions League e l’Europa League, poi ci sono tutte le coppe nazionali. Quindi, in definitiva, se vogliamo dare una valutazione, seria, sulla conquista della Conference League della Roma, io dico che è una vittoria importantissima, fondamentale, dalla quale si deve partire per rilanciare anche la Roma del futuro; Ma ribadisco una vittoria che ha un peso specifico superiore alla Coppa Italia e alla Supercoppa italiana.

Un giudizio sulla vittoria della Champions League di Carlo Ancelotti? Cosa s’impara dalla vittoria di Carlo. E’ ancora uno dei migliori mister in circolazione o è l’ultimo dei Mohicani?

Voglio partire dalle recenti dichiarazioni di Sacchi che ha detto al proprio pupillo, Ancelotti, allievo in assoluto - uno di quelli che ama di più - che ha giocato all’italiana. Che non è assolutamente un’offesa, anzi Ancelotti ha molti meriti tecnici e tattici. Nessuna partenza dal basso. Nessun coinvolgimento ossessivo del portiere, ma una costruzione lineare centrata sulle ripartenze di due fuoriclasse come lo sono Vinícius Júnior e, soprattutto, Karim Benzema. Il centrocampo del Real Madrid è forse uno dei più forti al mondo con Toni Kroos, Luka Modrić e Casemiro. Con Modrić e Casemiro puoi fare bene ovunque. Ed è quella cerniera che è fondamentale per i capovolgimenti di fronte, anche in quelle partite che sembrano difficilissime e, in questa Champions League, lo sono state per i Real Madrid. Però rifiuto, assolutamente, l’etichetta di squadra fortunata perché quando batti il PSG, Chelsea, Liverpool e il Manchester City non ci può essere una componente soltanto di fortuna. Per stare a certi livelli non ci vuole soltanto la fortuna. Inoltre - non è un fattore da sottovalutare - nella fase difensiva hai retto l’urto di questi squadroni. E infine il Real Madrid è riuscito abilmente a capovolgere le partite, con una certa disinvoltura, anche nei momenti peggiori dal punto di vista fisico. Quindi chapeau ad Ancelotti che non è assolutamente vecchio, anzi è uno che si aggiorna tantissimo.

Eppure a Napoli - un annetto fa - Carlo Ancelotti non ha avuto tanta fortuna. Si è mai chiesto il motivo di quel fallimento sportivo?

Ancelotti rende al meglio quando riesce a capire, molto bene, la piazza dove va ad allenare. A Napoli non ha capito benissimo dove stava. Infatti, a Napoli ha commesso degli errori, soprattutto, imputabili al mercato che è stato molto insufficiente rispetto alle giuste richieste dell’esperto allenatore di Reggiolo. Sarri praticava triangolazioni ossessive su derivazione zemaniana. Quindi un approccio abbastanza ortodosso di questi triangoli di gioco che si sviluppavano in tutto il campo. Ancelotti ha smantellato il gioco di Sarri dando a ogni calciatore una zona di campo definita. Per questo motivo, il gioco di Ancelotti al Napoli è stato molto posizionale. Questo voleva dire deformare l’idea dei gioco del Napoli di Sarri per dare un'altra filosofia di gioco ai partenopei. Filosofia che non è stata recepita, almeno completamente, dagli stessi calciatori del Napoli ancora troppo attaccati alla filosofia sarriana. Detto questo, in tutte le squadre in cui è stato, Ancelotti è stato un innovatore, soprattutto da un punto di vista della posizione in campo di alcuni calciatori. Per esempio, anche la posizione di Casemiro è diversa da quella solita del forte campione brasiliano, così come quella di Luka Modrić e di Benzema. L’introduzione di giovani calciatori a partita in corsa che poi gli hanno cambiato la partita. Carlo è uno che è molto bravo e molto attento a quello che ha tra le mani. Sbaglia, come pochi, le sostituzioni. Quindi la Coppa dei Campioni è stata meritatissima.

Passiamo al campionato di calcio e alle vicissitudine legate a Mr. Allegri con il quale, noi di SpaceSerieA, vediamo diverse similitudini con Mr. Ancelotti. Per formulare la prossima domanda, partiamo dalle ultime dichiarazioni del tecnico livornese: “Milan, Inter e Napoli davanti a noi, ma non superiori”. E’ un’assunzione di colpa, visto che il gioco della Juventus è stato il grande assente o a cosa si riferiva, nello specifico, l’esperto tecnico livornese?

Ho sempre apprezzato l’arrivo di Allegri perché è un allenatore che conosce molto bene l’ambiente della Juventus. La grande forza, ma nello stesso tempo il grande limite della Juventus sono stati quei nove scudetti consecutivi che hanno permesso, soprattutto l’ultimo quello con Sarri, di portare a casa il nono traguardo consecutivo per inerzia. Lo ha ammesso, anche, lo stesso Sarri che non è riuscito a mettere becco in quella formazione. Anche a detta di alcuni calciatori, Maurizio Sarri li ha lasciati liberi di esprimere la propria idea di calcio. Dopo l’esonero di Sarri c’è stato Andrea Pirlo che ha fallito perché non è riuscito a trasformarsi in un vero allenatore, ma era ancora l’ex compagno che condivideva lo spogliatoio con tutti gli altri. Allegri ha cercato di riprendere in mano una squadra che era ancora troppo - ed è ancora - condizionata da una mentalità - un’idea di calcio superata - che è stata sicuramente trasferita dai grandi campioni come Buffon, Chiellini e Bonucci. Allora, la domanda da farsi è la seguente: Come fai a togliere dalla testa di uno che vince nove scudetti che quello non sia il calcio migliore da fare?

Prima nell’era Sarri, poi in quella Pirlo, c’è stato uno spartito assunto dai calciatori diverso da quello proposto dell’allenatore. Mettere mano a una situazione del genere era molto difficile, impossibile. Lo stesso Sarri lo ha ammesso dopo l’esonero. Impossibile per Pirlo, ma anche molto difficile per lo stesso Allegri che alla fine è riuscito, in qualche modo, a correggere qualche cosa nella fase difensiva, ma poi ha trascurato tutto il resto: Il centrocampo e l’attacco. Pochissima qualità nella gestione del gioco. Un atteggiamento un po’ superbo in generale in alcuni uomini della rosa bianconera. Su tutti il terzino sinistro Alex Sandro, Bernardeschi e altri giocatori che in qualche modo sono venuti alla Juventus per svernare. Tutto questo deve cambiare nel più breve tempo possibile. Perché questa mentalità rischia di rovinare calciatori molto promettenti come Chiesa, Vlahovic, Klusuveski e Matthijs de Ligt.

E’ tutta colpa dei calciatori della Juventus o c’è qualche responsabilità di Massimiliano Allegri?

Mi aspettavo qualcosa in più dall’esperto allenatore livornese. Lo conosco personalmente e sono un ammiratore di Allegri, soprattutto quello degli anni passati. Dopo l’anno sabbatico, mi aspettavo qualcosa di nuovo. Sono sincero, non l’ho visto. Ancelotti paradossalmente ha fatto vedere più novità al Real Madrid che non Allegri in questa Juventus. Quindi mi sembra molto difficile che adesso possa cambiare, improvvisamente, tutto anche con nuovi acquisti. Molti calciatori della Juventus si sono rovinati con questa mentalità. Come, ad esempio, Arthur che io lo valuto un signor calciatore, che secondo me potrebbe essere il metronomo di centrocampo. Ma non c’è mai stato amore tra Allegri e Arthur. Tutto questo non ha creato i presupposti che potessero sancire un cambiamento rispetto a quei novi benedetti, ma in un certo senso stramaledetti scudetti, perché non hanno creato un solco per un reale cambiamento.

Quest’anno l’assenza di Andrea Agnelli ha pesato, più che mai, sulle performance dei bianconeri rispetto ad altri anni in cui il Presidente era più presente nella vita del club bianconero?

Allegri è stato deludente, quarto posto conquistato dietro Milan, Inter e Napoli. In altri anni per un piazzamento così scadente, l’allenatore sarebbe stato mandato via. La società Juventus ripone una grande fiducia nei riguardi dell’allenatore livornese da parte non solo di Andrea Agnelli, ma anche di John Elkann. Quest’ultimo ha voluto entrare un po’ di più nella società anche attraverso Maurizio Arrivabene, ma la verità è sotto gli occhi di tutti. Ci sono delle lacune all’interno della società e degli eccessi di decisionismo da parte dello stesso Andrea Agnelli.

Quindi secondo lei, Andrea Agnelli non ha delle responsabilità specifiche per questa stagione deludente della Juventus?

Confermo. Ad Andrea Agnelli non me la sento di fare troppe critiche perché ha vinto 18 trofei, di cui nove scudetti. Non si può criticare un Presidente così vincente nella storia bianconera. Però una cosa vorrei dirla a sfavore della gestione di Agnelli. Nella gestione di Sarri - che non avrei mai preso - e in quella di Pirlo - che non avrei mai preso - e poi nel ritorno di Allegri c’è stata un “pochino” di confusione nella definizione dei ruoli e autorità all’interno della società bianconera. Non ho capito, fino in fondo, l’uscita di Marotta dalla Juventus. Senza nulla togliere a nessuno - che sono bravissimi - manca un riferimento calcistico che non può essere Maurizio Arrivabene. Ci vuole qualcuno che faccia una certa politica calcistica….

Tipo, ci può spiegare meglio cosa intende per politica calcistica?

Una figura in grado di ribattere a critiche anche molto aspre. Il calcio è totalmente cambiato negli ultimi 10-12 anni; il potere del “Palazzo” è romano centrico, anzi romano e napoletano centrico. La politica del “Palazzo” l’hanno fatta negli ultimi anni il sig. Lotito e il sig. De Laurentiis. Entrambi amandosi, odiandosi, facendo sceneggiate tra di loro, ma quella è stata la politica del palazzo coinvolgendo anche altre squadre. La Juventus ha agito, quasi, come un cavallo pazzo. Giuseppe Marotta era l’unico in grado di mediare in quel Palazzo. La Juventus si è un po’ isolata cercando di agganciarsi al treno europeo delle grandi squadre anche come fatturato. E infatti la Juventus ha speso molto, facendo questi famosi aumenti di capitale. Questo è stato reso possibile perché la famiglia Agnelli ha grande passione per la Juventus. Investire e fare aumenti di capitale è un merito, non è una colpa come molti dicono. Lo stile Juventus andrebbe spiegato a tante società che invece criticano questi aumenti di capitale da parte della Juventus. E’ un merito investire nel calcio italiano, non un demerito.

Quindi, se non abbiamo capito male, Giuseppe Marotta ha lasciato un vuoto incolmabile nella Juventus, un uomo capace di contrastare le politiche romano e napoletane centriche del palazzo?

Certamente. Nella Juventus, poi, ci vorrebbe qualche dirigente meno irruento.

Tipo?

Prendo ad esempio Nedved che è un amico di famiglia di Andrea. Non lo puoi toccare anche se Nedved è una figura un po’ imbarazzante in certi momenti. Non c’è quel vice Presidente che magari spiega o dice delle cose. Nedved deve fare di più. Tanti ruoli importanti nella Juventus, però nessuna voce forte. Marotta si faceva sentire, al contrario Arrivabene parla poco. Nedved è stato molto toccante in quella vicenda che ha toccato la guerra in Ucraina, mostrando una sensibilità d’animo eccezionale, ma noi dobbiamo giudicare il dirigente della Juventus. Nedved è troppo impulsivo e ritorniamo, di nuovo, alla vicenda attorno ad Allegri e al suo esonero. Tutto ciò ha creato un danno alla Juventus da un punto di vista tecnico e tattico. La Juventus ha bisogno di farsi sentire e ha bisogno di una certa professionalità, delegata dal Presidente.

Fino all’altro giorno all’Inter si parlava di scudetto, alla fine l’ha spuntata il Milan. Per molti interisti è più demerito dell’Inter che merito del Milan. Lei come la vede a tal proposito?

Il Milan ha meritato - nulla da dire a riguardo - ha offerto il calcio migliore del campionato, anche quello più europeo. Però, se io fossi stato in Pioli - e per fortuna non lo sono - mi sarei risparmiato la precisazione: “Siamo quelli che lo hanno meritato di più”. C’è stato anche qualcuno che lo ha demeritato, anzi che lo ha buttato via soprattutto quando aveva 5 punti di vantaggio (l’Inter di Simone Inzaghi). Il Milan non lo ha meritato più degli altri, il Milan ha maggiormente proseguito per la sua strada. Ha avuto la sua crisi ed è riuscito ad andare avanti lo stesso senza fare danni eccessivi alla sua classifica. Quindi chapeau al Milan, ma mi sarei risparmiato volentieri la dichiarazione di Pioli.

Dottore passiamo al Napoli, è in atto una forte critica, contestazione, nei confronti di De Laurentiis. Cosa ne pensa a proposito?

E’ in atto una contestazione della curva che prima riusciva a gestire un certo traffico di biglietti, etc. etc…..e adesso non lo fa più. Manovre di contestazione, forse, pilotate dalla criminalità organizzata. Questo, purtroppo, crea confusione nell’ambiente partenopeo. Nessuno dice che De Laurentis ha fatto male, anzi, ma avanzare delle critiche al suo comportamento è forse eccessivo. Precisato questo aspetto, ci sono delle critiche che vanno fatte al Presidente del Napoli.

Critiche sul modo di comunicare centrico del Presidente del Napoli?

Si. Infatti, in chiusura dell’ultima conferenza stampa, De Laurentiis ha detto finalmente una frase che è stata accolta con un grande sospiro di sollievo dai giornalisti: “Cercheremo di vincere lo scudetto”. Non bisogna illudere la gente, ma non si può nemmeno far finta di nulla nei confronti del tifoso partenopeo che vorrebbe uno step successivo ai 4 terzi posti conquistati negli ultimi anni.  Non si può togliere il sogno al tifoso con frasi senza costrutto come: “Ferlaino ha vinto 2 scudetti con il Napoli, ma se dovessi vincerli io a me non toglierebbe e aggiungerebbe nulla a quello che ho fatto con il Napoli”. Se al tifoso medio togli il sogno di raggiungere un traguardo importante, come quello dello scudetto, è finita.

Però alla fine, nonostante le frasi di De Laurentiis, il Napoli di Spalletti è andato molto vicino al sogno scudetto?

Il Napoli non solo ha sognato questo traguardo, ma c’è andato vicinissimo alla fine. Quest’anno il Napoli ha perso lo scudetto a causa della Coppa d’Africa, gli infortuni e alcune scelte un po’ inspiegabili di Luciano Spalletti. Nonostante questo, alla fine, il Napoli ha perso lo scudetto a poche giornate dal termine, ma poteva tranquillamente vincere lo scudetto. Quindi non ci vuole molto per migliorare sotto tutti i punti di vista.

Anche dal punto di vista della comunicazione del Presidente del Napoli?

Si perché non puoi evitare le conferenza stampe con alcune domande scomode, non puoi coprire i fischi e la contestazione del pubblico del Diego Armando Maradona con degli applausi fatti attraverso gli altoparlanti. Non puoi trattare male, a volte anche in maniera maleducata, determinate persone e magari pentirtene subito dopo. Non puoi fare delle uscite assurde (tipo, questo Presidente cosa ha fatto in un anno e mezzo?) anche contro Gravina che non c’entra niente. Un uomo che ha rimesso in piedi il calcio e ha fatto giocare anche durante la pandemia. Tra l’altro Presidente non è aiutato dai club di serie A. Personalmente ho avuto anche delle discussioni vivaci con il Presidente del Napoli che voleva mettere, persino, il becco sul mio giornale. Insomma lui ha il brutto vizio di volere insegnare tutto a tutti, anche ai giornalisti, e di dare poco merito ai suoi collaboratori. Come, ad esempio, Giuntoli che ha acquistato, quest’anno, un ottimo calciatore come André Zambo Anguissa. Vi faccio un esempio per capire la personalità “complessa” di De Laurentiis; un episodio che mi ha fatto molto sorridere: “E’ mai possibile dire che la pizza romana è più buona di quella romana?”.  

Detto questo il calcio non è un condominio, il calcio è il sogno. In Napoli non deve fare dei sogni impossibile, ma non deve nemmeno essere gestito come un condominio, perché è già un’ottima squadra.

Un voto alla stagione del Napoli? 

Otto. Terzo posto. Il Napoli ha tenuto il sogno scudetto vivo fino alla fine.

Fabián Ruiz verrà venduto?

A Napoli non esiste un nome intoccabile, compreso Kalidou Koulibaly.

Il Napoli di Spalletti ha fatto il miglior calcio della Serie A?

Il miglior gioco del campionato, lo ha fatto il Milan. Ci sono stati dei momenti in cui il Napoli ti ha dato la sicurezza della grande squadra, ma il Milan è stato sempre nella metà campo avversaria. E anche nelle partite dove non riusciva a segnare, ha sempre dato una dimostrazione di carattere, grinta, di modernità e di difesa alta eccezionale. Il Napoli sembrava la squadra più quadrata del campionato, e quindi quella candidata a vincere il titolo. E io, all’inizio, mi sono sbilanciato a favore del Napoli perché mi sembrava offrisse un gioco più sereno a favore di quello del Milan. I partenopei sembravano più consapevoli della propria forza. Poi improvvisamente sono successe alcune cose, soprattutto alcune scelte tecniche sbagliate dell’allenatore. Come quella di fare a meno di Lobotka al centrocampo. Detto questo, le motivazioni nel calcio sono tutto. Nonostante siano dei professionisti i calciatori del Napoli, forse inconsciamente - durante la lotta scudetto -  sono stati condizionati dalle politiche di contenimento dei costi che verranno applicate dalla prossima stagione. Di conseguenza le motivazioni per arrivare allo scudetto non c’erano, erano già sparite con l’idea di quello che sarebbe successo nella stagione successiva.

Direttore, siamo arrivati quasi alla fine, e per chiudere le volevamo fare qualche domanda sulla Nazionale. Sono otto anni che non andiamo al Mondiale. In totale sono 12 anni. Il Mondiale lo vediamo dal divano di casa anche quest’anno. Un tempo lunghissimo che va dal mondiale di Russia e quello del Qatar. C’è però una piccola e sostanziale differenza tra i due eventi miseri per il calcio italiano. Dopo il fallimento in terra di Russia, Tavecchio e Ventura furono costretti a dimettersi a furore di popolo, al contrario Gravina e Mancini sono ancora seduti sulla loro comoda poltrona in pelle. E’ giusto che Mancini e Gravina siano rimasti a loro posto?

Quando dico che il calcio è governato da un potere romano e napoletano centrico, mi riferisco al fatto che Ventura era nell’orbita della Lazio, poi è andato alla Salernitana dopo l’esperienza infelice della Nazionale. E’ andato in Nazionale grazie a un suggerimento, una spinta, dello stesso Lotito che in qualche modo ha facilitato anche l’elezione di Tavecchio. A me non è mai piaciuto quel tipo di congrega del calcio italiano. Non solo per quello che poteva esprimere in ambito dialettico e culturale, ma non mi piaceva nemmeno la gestione del calcio. Mettere un allenatore su una panchina importante, come quella della Nazionale Italiana, che non ha esperienza internazionale né da giocatore né da allenatore, è stato un azzardo che abbiamo pagato a caro prezzo contro la Svezia. Quindi dimissioni di Tavecchio e Ventura giustissime. L’europeo vinto in Inghilterra, esprimendo il miglior calcio all’Europeo, offrono delle attenuati generiche alla gestione attuale del duo Mancini/Gravina.  Se io fossi stato a loro posto, avrei presentato le dimissioni sia per quanto riguarda il Presidente federale, sia per quanto riguarda il CT della Nazionale. Perché l’uscita dal mondiale è un qualcosa di clamoroso - anche perché siamo una vera e propria industria italiana - ed ha un’influenza negativa su tutto l’indotto della Nazionale. Sono soldi che si buttano dalla finestra, ma è soprattutto una questione di storia del calcio italiano che va a farsi friggere e addirittura torna indietro di 60 anni.

Un commento sullo stato di salute e organizzativo del calcio italiano?

In Italia non si privilegia il calcio d’élite. In qualunque movimento è l’élite che è trainante verso il movimento stesso. No, la base. Se l’élite funziona anche la base ne ha un grande beneficio. In Italia è tutto il contrario. Noi eleggiamo i nostri rappresentanti dai Dilettanti, il Presidente Gravina arriva dai Dilettanti. Tavecchio arriva dai Dilettanti. L’antagonista di Gravina era Sibilia che arriva anch’egli dai Dilettanti. Gravina è una persona colta, istruita e capace. Però proprio perché arriva da una certa base, deve dare conto a quella base. Invece, andrebbero completamente spezzati i legami con la base e fare un modello tipo Premier League anche in Italia. A livello politico la Serie A conta pochissimo. Al contrario contano la Serie B, i Dilettanti che hanno numerosissimi rappresentanti. Contano le delegazione dei calciatori e contano gli arbitri. Tutto questo porta a uno spacchettamento del potere calcistico rispetto all’enorme potere che dovrebbe avere la Serie A.  Immaginate cosa sarebbe il calcio in Italia, se la Serie A venisse trattata come la Premier League. Basta vedere i diritti televisivi venduti all’estero dove la forbice tra serie A e Premier League è larghissima a favore degli inglesi.

Cosa pensa di tutte queste società Made in Usa nel calcio italiano?

E’ un fatto molto positivo perché se l’America investe su di noi è perché le potenzialità di margine dell’investimento fatto in Italia sono le migliori in Europa. Il Milan ha vinto con 96 milioni di monte ingaggi. Il Napoli ha 130 milioni.

Monza in Serie A, grazie a Berlusconi e Galliani, cosa ne pensa?

E’ un cavallo di ritorno. Dico solo questo, ma grande competenza.

Staff SpeceSerieA

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