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“Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant'anni, all'aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire”. [Zdnek Zeman]
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Mi presento, Je song’o Pallune.
Mi presento, anche se ci conosciamo da una vita, Je song’o Pallune.
“Mi presento Ahgrrr. Ahgrrr. Ahgrrr.
Puf. Puf. Puf. Puf! Ah, che schifezza o ruospu nganna. Questa è la mia condanna a morte”.
Mi dovete perdonare per i modi volgari,
scadenti e alquanto disgustosi. Il mio è soltanto un piccolo difettuccio alla
canna. Purtroppo, l’ho ereditato dalla buonanima di mio padre. Era un buon uomo
nonostante il suo difettuccio. Pace all’anima sua. Com’è che si dice in questi
casi? Deformazione professionale. Così dicono i giovani e io non posso fare
altro che adeguarmi allo slang giovanile.
“Ah. Questi ragazzi di oggi ne sanno una
più del diavolo. Beati loro. Noi eravamo degli arretrati e dei sempliciotti.
Loro sono il futuro e Al contrario je song’e o passato. Appartengo più alla morte che alla vita”.
Uaa! Chiedo umilmente venia
a tutti i presenti e pure agli assenti. Non è il mio scopo quello di coprirvi a
colpi di fionda. Siete sempre così affabili, gentili e disponibili a dare
seguito alle paturnie elettive di un povero vecchio con la testa di cuoio, un
paio di metri di cuciture in superficie e niente di buono da offrire a
chicchessia. Sto tutto il giorno all’aria aperta, spesso sotto la pioggia e
senza nessun vestito cucito addosso. Felicemente nudo come il padrone mi ha
fatto, tanti e tanti anni or sono. Ehm, e l’inverno sono al freddo e al gelo e
mi si congelano tutte le cuciture. Brrr! Brrr! Che friddo!
“Mi presento Ahgrrr. Ahgrrr. Puf. Puf.
Puf. Puf! Ah, che schifezza o ruospu nganna. Mi dovete perdonare per il mio
piccolo difettuccio alla canna”.
We, guagliò, ma sei proprio tu? Non ci posso credere. Ma sei davvero tu, nientedimeno Raffaelino,
nonché, il primogenito amatissimo di Giovanni e il nipote prediletto di nonno
Alfredo?
We, carissimo come stai? Da
quanto tiempo! Sei tutto quell’anima gentile di tuo padre. Stesso colore degli
occhi, uguale colore e taglio dei capelli e quella bocca così grande ca’
no sputa mai in terra. Non sai amico mio il piacere a rivederti di persona
dopo tutti questi anni passati, andati, svaniti, ops non c’è più. Ascolta a me
e levami una curiosità: Quanto tempo è trascorso dall’ultima volta? Ehhh!
Marron ro Carmine, così tanto?
“Come passa veloce u’ tiempo, sto grande
farabutto, presuntuoso e pure scornacchiato!”.
Sentite a me. Almeno per una volta
ascoltate un povero fesso, portatemi un po’ di pazienza: “Prendetevi cura
dei vostri ricordi e ogni sera rimboccate a essi, amorevolmente, le coperte
prima di andare a letto”.
Uaa! Sono passati tanti anni da quando mi prendevi a calci
sulla testa tutto il tempo. Che dolore provavo, indescrivibile. Tu non puoi
immaginare quanto mi faceva male la camera d’aria. E alla sera, di
conseguenza, mi dolevano tutte le cuciture. E, poi, non c’era mai nessuno a
consolarmi, mai una parola sincera o una timida carezza perché un amico
è comme’ o ‘mbrello: quanno chiove nun o truove maje. Uaa!
Quante lacrime sprecate in un angolo
angusto della casa a piangere di nascosto da te, il mio padrone. Spesso mi
mettevi fuori sul balcone. E quando mi andava di camera d’aria, mi stipavi al
caldo nel cofano di un’auto vicino alla borsa per il mare. Ma sai. Non mi
importava nulla – le cose materiali non mi hanno mai attratto – perché insieme
ci siamo divertiti assai. Uaaa!
Ci credi se ti dico che sei stato il mio
migliore amico per tanti anni? Spero il sentimento sia reciproco, dopotutto,
noi due non abbiamo mai discusso e nemmeno mai litigato. Sono felice di averti
finalmente rivisto perché quel bambino è diventato un uomo. Ehm, e tu come stai
vecchio e caro amico mio? Dimmi un po’, racconta a zio. Uaaa, meno
male, tutto è apposto! Di contro, io, di recente mi sento un po’ sgonfio. Ma passerà anche questa, si, perché solitamente storta va, deritta vene. E il tuo fratellino minore che fine ha
fatto? Ah, quello scornacchiato e pure farabutto non si è fatto più sentire!
Proprio come te. È asciuto pazzo o è diventato un genio? Mi
diceva che voleva diventare un calciatore famoso. Giusto? Chi sa se almeno lui
poi ce l’ha fatta tra i tanti. Mannaggia a lui e a tutti i cazzi suoi! Poteva
almeno in questi anni fare una visita a un vecchio amico d’infanzia? Magari
soltanto per darmi un calcetto, mi sarei accontentato anche di uno piccolino,
giusto, giusto, per ricordare i vecchi tempi passati a giocare assieme. Uaa.
Che bel periodo! Anche se per la verità “isso” mi faceva rotolare
dalla mattina alla sera. Quel mascalzone e farabutto che non era altro! Ah, se
lo prendo gli faccio una faccia gonfia come un pallone. Così capisce cosa
significa stare nella mia stessa camera d’aria. Eppure, a quei tempi non gli
bastava un campo in erbetta sintetica. No? No! Isso non
si accontentava mai di quello che aveva. Voleva sempre di più, succhiare tutta
l’aria dal mio corpo. “Che scuorno!”. E con il senno di poi – perché
sbagliando s’impara ma non si recupera il tempo perduto – o’ sai che
ti dico?
Faceva bene, anzi benissimo, perché a’
vita è n’apertura e cosce e’ na chiasura e cascia.
Mi faceva rotolare su qualsiasi
superfice possibile e immaginabile; Uè. Uè. Ho frequentato terreni naturali a
fondo compatto, artificiali morbidi, naturali duri, naturali morbidi,
artificiali duri e pure quelli indoor o i futsal. A proposito, ma che cazzo
significa futsal? Bohhhh!!! E Io? Rotolavo
felice con la camera d’aria piena di aria. E quello scornacchiato di tuo
fratello, mai contento, mi sbatteva su e giù anche sull’asfalto di uno
squallido parcheggio. No! No! Accusì mi fai male. Uaa! Sei
sempre il solito esagerato! Ricordati che chi si accontenta gode. Ma di me, tu non ti stancavi mai. Io
sono stato un amico, assai, generoso e un’amante fin troppo zelante. Tu lo
facevi ovunque: mi prendevi a calci, schiaffi, sberle, pugni, sputi e urla
anche sull’asfalto nel parcheggio davanti a una delle tante scuole del paese. E
che ci vuole? Quattro cartelle dell’Invicta colorate alla cazz de can per
circoscrivere due porte sull’asfalto: uno, due, tre, quattro, cinque, sette
metri a dipingere con il sudore la felicità. Che dici, sono
sufficienti sette o ne dobbiamo farne otto? Dipende! E da cosa? Seee terno,
quaterna, cinquina e tombola! E in porta chi ci mettiamo? Giovanni e me lo
chiedi pure? Mamma mia quanto è bidone quello. Ma chi l’ha chiamato a sto’
cesso? E allora confermo, facciamo sette e oggi non ne parliamo più
perché se’ntosta ‘a cucitura metto ‘a tutti ‘nfaccia ‘o muro. Infinite
erano quelle sfide tra le classi rivali. Marron ro Carmine come eravate
esagerati a quell’età! Correvate appresso a me dalla mattina alla
sera, senza stancarvi mai. Ma di che cazz eravate fatti
di piombo, rame o ffierro? E poi all’indomani
seguiva sempre la rivincita della rivincita. Basta, vi prego. Sono stressato,
datemi un po’ di tregua!!! Voglio il pomeriggio libero. Nooo! Voglio sgonfiarmi
perché non ho più voglia di rotolare fino a tarda sera. Erano gli anni Novanta.
Anche se mi ci metto di grande impegno, con tutta l’aria del mondo dentro, non
è proprio possibile per una testa di cuoio scordarsi del passato. Come si fa
a dimenticare la partita delle partite: quella tra la 3ª C e la 4ª I? Tu
giocavi nella quarta I e ti prendevi i calci alle caviglie da quelli della
terza C; Al contrario io, che ero la palla, me le prendevo di santa ragione da
tutti. Scornacchiati che non siete altro e che
vi potessero accidere a tutti quanti! Scherzo!
Perché io vi ho voluto un gran bene della camera d’aria e non avevo preferenze
alcuna. Belli o brutti, simpatici o antipatici, forti o scarsi, pettinati o spettinati
e chi più ne ha più ne metta…chi cazz’ se ne fotteva! Per non sentirmi
solo mi bastava, soltanto, che mi prendeste a calci dalla mattina alla sera.
Uaaaa! Tirami, tirami, tirami più forte in porta! Vi supplicavo in
terra. Oh, ti vuoi muovere? La prossima volta nella mia squadra prendo un
altro. È arrivato Maradonaaa!!!! Uè! Uè! Cosa stai aspettando non vedi che sei
tutto solo davanti al portiere? Tiramiii! Tira verso quella porta improvvisata
da quattro zaini colorati alla capa de’ cazz. Uaaa! A volte mi
sembrava di essere sulle montagne russe. Come
gli uccelli mi sembrava di toccare il cielo con una cucitura.
Nello spazio tra le nuvole mi sentivo
felice perché in fondo nella mia camera scorre l’aria da sempre. Uaa. E
sapete, non mi importava più nulla di nulla. Niente e nessuno poteva fischiarmi
un fallo contro perché ero nel posto più vicino a Dio per capire come
egli si possa sentire a guardarci tutti dall’alto verso il basso. Ahgrrr.
Ahgrrr. Puf. Puf. Puf. Puf! Ah, che schifenzia che siete tutti
quanti! Scherzo! Nel punto più alto da me raggiunto, dove le
regole dell’universo si fanno meno certe, dove cambiano le prospettive e le
leggi gravitazionali, io vi vedevo tutti con il nasino all’insù. Uaaa! Che
belli eravate. Mi facevate una gran tenerezza e con quelle facce lisce
come il culetto di un neonato mi guardavate planare all’impazzata come una
rondine tra le nuvole.
Uaaaann! Uaaaaa! Uaaaa! Ta! Ta! Ta! Ta!
Vi uccido tutti se non la finite di prendermi a calci!
Ma adesso si è fatta una certa e, come
ogni dì, la luce farà presto spazio al buio della notte che diventerà sempre
più pesto con il passar delle ore, i minuti e infine i secondi. E tu, ahimè,
non avrai più bisogno di me perché Je song’o Pallune.
Mi presento Ahgrrr. Ahgrrr. Puf. Puf.
Puf. Puf! Ah, che schifezza o ruospu nganna….. Mi dovete perdonare….è il mio
piccolo difetto alla canna.
Guaglione, ascolta un fesso, prima di
andare a letto un ultimo consiglio da un vecchio amico d’infanzia.
“Mi raccomando goditi la vita, uaa, vivi
con saggezza, uaa, sii sempre la versione migliore di te stesso, uaa, credi in
te stesso perché nessun’altro lo farà al posto tuo, uaa, ridi di te stesso e
altrettanto prenditi sul serio, non mollare mai anche se tutto nella tua vita
ti sembrerà ormai perso, ma soprattutto sii felice…..sii felice….si
feliceeeeee….”
Questa è la migliore medicina contro gli invidiosi e pure i farabutti!!!
Perché a’ vita è n’apertura e cosce e’
na chiasura e cascia.
"Ahgrrr. Ahgrrr. Puf. Puf. Puf. Puf! Ah, che schifezza o ruospu nganna. Mi dovete perdonare per il mio piccolo difettuccio alla canna”.
Arsenico17
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