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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

C'era davvero bisogno di Lukaku?


Sabato 13 agosto l’Inter affronterà la prima gara ufficiale della stagione 22/23. Inzaghi ha puntato su una preparazione casalinga, con spostamenti circoscritti, nessuna estenuante tournée intercontinentale e carichi di lavoro commisurati al tour de force che contraddistinguerà i primi mesi del campionato. L’approccio sembrava quello giusto, eppure, le amichevoli hanno messo in evidenza criticità di un organico che, a due giorni dalla trasferta di Lecce, sembra aver perso solidità difensiva e compattezza, ma soprattutto un’identità di gioco precisa. È calcio estivo, certo, ma anche sabato prossimo – punti a parte – lo sarà. La squadra che scenderà in campo a Lecce non potrà essere molto diversa da quella che il 6 agosto ha perso per 2-4 contro il Villareal: un’Inter spaccata in tre blocchi, reparti disuniti, incognite di mercato e un certo rammarico nel constatare che l’idea di un calcio più verticale è in via d’archiviazione al fine di trovare una collocazione tattica a Lukaku.

Probabilmente, Il belga, riaccolto a braccia aperte dopo appena un anno dall’infelice stagione in Premier, si aspettava di trovare la stessa Inter dell’era Conte. In realtà, nella passata stagione, Inzaghi ha lavorato a soluzioni tattiche innovative – aggiungerei anche più divertenti – e meno orientate all’uso delle fasce e dei lanci lunghi come armi privilegiate per andare a rete. Ma passiamo all’ultima amichevole disputata dai nerazzurri. Per onore di cronaca, va ricordato che Inter-Villareal si è giocata all’Adriatico di Pescara, un vero e proprio campo di patate, una brutta cartolina dall’Italia. Il terreno pesante ha limitato oltremodo il calcio d’Inzaghi, che si è trovato davanti una squadra più arcigna e preparata dal punto di vista tattico. Va anche detto che molti uomini (Skriniar e Bastoni su tutti) hanno iniziato la preparazione in ritardo rispetto al resto del gruppo, ma al di là di queste legittime “scusanti” non si può non affrontare quello che resta uno dei temi più caldi della stagione alle porte: Lukaku era proprio necessario a questa Inter?

Il giocatore non si discute. È, e resta uno dei più forti nel suo ruolo: quello che una volta si chiamava “attaccante boa” e che oggi, molto più elegantemente, viene spesso definito “fulcro del gioco”. Il tema ruota attorno alla compatibilità di Romelu con un allenatore che predilige lo sviluppo della manovra partendo dalla difesa per poi ricercare linee di passaggio rapide, atte a colpire in velocità, senza ricercare troppo le sponde e un gioco posizionale da parte delle punte. Il belga, per dirla con le parole di Marotta, è stata una bella opportunità di mercato, eppure, permangono dei dubbi sulla sua utilità in un contesto che avrebbe certamente giovato a giocatori più dotati sul piano della corsa e dell’uso dello spazio in profondità. In troppe occasioni, Big Rom ha giocato “a modo suo”, cioè spalle alla porta, a protezione della sfera, ma non è stato accompagnato da un movimento adeguato dei compagni, che avrebbero dovuto allargarsi per giocare di sponda, anziché accentrarsi e intasare le vie verticali soffocando la manovra.

Analizzando le gare, dal match di Lugano a quello di Pescara, Lukaku ha rallentato il giropalla interista e imposto la sua fisicità come tema unico per l’attacco, insomma, il Re è tornato e ha restaurato le sue leggi. Eppure… Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna. Tradotto: o Inzaghi si adegua al gioco del belga o viceversa, ma entrambe le mosse mettono in luce un’aporia, un problema insolubile. Il rischio è quello di snaturare il giocatore per la squadra, o che la squadra perda la propria identità in funzione di un solo giocatore.

Un altro tema che merita attenzione riguarda l’intero impianto difensivo, ancora incompleto e per certi versi involuto rispetto alla passata stagione. Skriniar e Dumfries restano al centro del mercato e al momento mancano le risorse per investire su un sostituto di Ranocchia… di Ranocchia eh! Con tutto rispetto, ma non stiamo parlando di Beckenbauer. La corsia mancina è orfana di Perisic, un giocatore in grado di saltare l’uomo e sfornare assist a profusione. Al suo posto c’è un Gosens ancora lontano dalla condizione sfoggiata a Bergamo e un Dimarco (sempre più Jolly d’Inzaghi) che mediamente dribbla 0.3 volte a partita, un’inezia per un quinto di spinta. Sulla corsia destra, resta inoltre da definire il futuro di Dumfries e, qualora partisse, si dovrà necessariamente investire per un sostituto all’altezza dei sui 5 goal e 7 assist stagionali. Infatti, con un Darmian in là negli anni e un Bellanova ancora troppo acerbo – specialmente in fase difensiva – la corsia rischia di subire un pesante ridimensionamento e diventare uno dei punti deboli della formazione.

Un’altra incognita dell’Inter 22/23 (invero più mediatica che concreta) riguarda il presunto dualismo tra Handanovic e Onana. Soltanto presunto perché, se è vero che lo sloveno partirà titolare, nei piani del mister c’è l’inserimento graduale dell’ex Ajax, che è parso in ottime condizioni fisiche e sta approcciando la nuova esperienza con un’energia e una grinta trascinanti per il gruppo. Certo, la brutta prestazione di Handanovic contro il Villareal ha sollevato malumori tra i tifosi nerazzurri, che fremono all’idea di vederlo relegato alla panchina, ma attenzione: al momento è il portiere più autorevole per comandare la difesa, mentre il camerunese –estroso ed eccentrico – dovrà conquistarsi poco alla volta il diritto di spodestare Samir tra i pali.

Fermo restando che ci sarà ancora tanto da lavorare sul piano atletico e tattico, le sensazioni pre-stagionali mi portano a dubitare su diversi aspetti, ma ciò non toglie valore a una rosa che ha tutte le risorse per competere al titolo. Il mercato può ancora alterare la fisionomia di questo gruppo, ma può anche rappresentare opportunità. Ciò che conta, è definire il prima possibile un undici di partenza per evitare terremoti e scosse telluriche equilibranti a campionato già iniziato.

Nicola Murrali (Twitter: @Contropiedista)


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