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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

Inter, bilancio agrodolce di fine estate

 
A un mese esatto dall’Inizio della stagione 22/23, l’Inter si ritrova con 5 vittorie e 3 sconfitte, un ruolino di marcia altalenante, che ha messo in evidenza pregi e difetti di un gruppo ancora alla ricerca della migliore condizione psicofisica. Dopo un mercato al cardiopalma, le voci di una possibile cessione e le contestazioni, più o meno giustificate, nei confronti d'Inzaghi e alcuni giocatori, è possibile tracciare un primo bilancio. Bilancio dal sapore agrodolce perché, sebbene i nerazzurri si trovino a sole 2 lunghezze dalla vetta della Serie A e a pari punti col Barcellona nel terribile Gruppo C, le cadute sono state rumorose e le vittorie maturate contro avversari tutt’altro che inarrestabili. Infatti, se escludiamo la gara di San Siro col Torino, in cui i nerazzurri hanno subito l’organizzazione e la fisicità degli uomini di Juric, Lecce, Spezia, Cremonese e Viktoria Plzen non sono stati avversari irresistibili, ma hanno fatto emergere più di un’incertezza sul piano della forma, della concentrazione e del gioco dell’Inter.

Le sconfitte maturate con Lazio, Milan e Bayern Monaco hanno poi messo in fermento la piazza e reso meno dolce il soggiorno milanese d'Inzaghi, chiamato in sede dai vertici dirigenziali per rendere conto del brutto momento di forma. Una mossa che alla lunga potrebbe rivelarsi perdente, specialmente se, come penso, il mister vedrà diminuire il consenso di spogliatoio e tifo attorno alla sua persona. Pericolosi segnali di scollamento si sono già visti in occasione della partita contro i bavaresi, quando il pubblico ha contestato i cambi dell’allenatore a suon di fischi. Un certo nervosismo sembra aver contagiato anche alcuni giocatori, forse certi di poter fare a meno delle indicazioni del tecnico e di essere assolutamente indispensabili al progetto.

Le ultime due vittorie contro Torino e Viktoria Plzen hanno comunque riportato serenità in vista dell’ultimo impegno di settembre: la trasferta di Udine contro la squadra di Sottil, apparsa in grande forma in questo inizio di stagione. Un po’ a sorpresa, l’Udinese si ritrova con 13 punti, uno in più dell’Inter. Nelle ultime tre partite, i friulani hanno fatto vittime eccellenti, andando a battere Fiorentina, Roma e Sassuolo grazie a un impianto di gioco ben oleato e alla crescita esponenziale di alcuni elementi, tra cui Beto, Udogie e Lovric, quest’ultimo arrivato in estate a parametro zero dal Lugano. Battere i bianconeri significherebbe molto non soltanto dal punto di vista della classifica, ma garantirebbe di approcciare la sosta per le nazionali con più convinzione e ottimismo.

Le prime due settimane di Ottobre saranno infatti determinanti sia per il campionato, sia per il cammino in Champions League. Nel giro di 12 giorni, l’Inter si troverà ad affrontare Roma, Barcellona, Sassuolo e poi nuovamente i Blaugrana. Un mini ciclo di ferro che assorbirà molte energie, da approcciare con intelligenza, attingendo da tutti gli uomini a disposizione, con buona pace di chi vorrebbe giocarle tutte. L’alternanza tra Handanovic e Onana, le rotazioni in difesa e a centrocampo e la delicata gestione del rientro di Lukaku dall’infortunio non dovranno essere motivo di plateali quanto frivole polemiche, ma l’arma in più di questa Inter, che sfrutterà la pausa di metà settembre per lavorare coi giocatori non convocati in nazionale. Tra questi ci sarà anche Gosens, attualmente fuori dal progetto di Flick e apparso lontano dalla condizione mostrata ai tempi di Bergamo. Dopo l’addio di Perisic la fascia sinistra non ha più un titolare, tanto che  in quel ruolo si sono alternati, oltre al classe 94’, Dimarco e Darmian.   

Ritrovare brillantezza sulle corsie laterali non è soltanto compito del mister, il quale ha risposto alla partenza di Perisic plasmando Dimarco e Bastoni come incursori aggiunti, mediamente più predisposti a partecipare alla fase offensiva rispetto alla passata stagione, quando a spostare gli equilibri sul lato mancino fu il croato, protagonista della sua migliore annata in nerazzurro, conclusasi con 10 reti e 9 assist. Un apporto offensivo venuto meno in questo faticoso avvio, a cui si è cercato di sopperire anche attraverso l’impiego di Dumfries come ala offensiva, esperimento che non sta dando i frutti sperati. Al di là della rete contro un modesto Viktoria Plzen, l’olandese ha mostrato segnali d’involuzione sotto il profilo dell’applicazione tattica, specialmente in fase di copertura e per quanto riguarda l’ultimo passaggio. Un problema non da poco quando si adotta il 3-5-2, modulo che fa dei laterali il proprio punto di forza.

Oltre a una maggiore incisività sulle corsie esterne, l’Inter dovrà ritrovarsi anche in fase difensiva. Sin qui, le prestazioni sono state caratterizzate da una scarsa vocazione al sacrificio da parte di tutti. Al pacchetto arretrato, con elementi ancora non al top (tra cui Skriniar, che ha saltato buona parte della preparazione a causa dell’infortunio occorsogli a inizio estate), non possono essere attribuite tutte le responsabilità delle 10 reti subite tra campionato e impegni europei. Infatti, Il lavoro dei centrocampisti è stato sin qui discutibile: preoccupati soprattutto in fase di ripartenza e poco inclini al lavoro di copertura. Non è un caso se i nerazzurri hanno subito specialmente le squadre che praticano un pressing alto e aggressivo, concedendo troppi spazi sulla destra e sulla tre quarti.

Tirando le somme, in questo momento l’Inter somiglia a un’opera incompiuta, nata all’insegna di un mercato solo in parte funzionale alle esigenze dell’allenatore e di una identità tattica ancora non definita. È con quest’ultimo aspetto che Inzaghi dovrà misurarsi, attingendo dalla propria esperienza per restituire alla squadra una solidità sin qui venuta meno. Le voci su un suo possibile esonero non hanno certo contribuito a consolidare la sua autorità nello spogliatoio, spesso messa in discussione con atteggiamenti sopra le righe da parte di alcuni giocatori particolarmente coccolati dalla tifoseria. Come qualcuno mi ha ricordato da poco, i giocatori, gli allenatori e persino i presidenti vanno e vengono. Alla fine, ciò che conta, è solamente l’Inter.  

Nicola Murrali

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