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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

#FinoallaFine: C'è poco da stare "Allegri" se il pesce puzza dalla testa!


Alla fine è arrivata, come era nelle previsioni, anche la prima sconfitta in campionato immediatamente dopo la debacle subìta in Champions League, qualche giorno prima, contro i lusitani del Benfica. Una sconfitta anche con il fanalino di coda, il Monza, che tra l’altro trova la sua prima storica vittoria in campionato proprio contro la Juventus e soprattutto con un ex bianconero a guidare i brianzoli dalla panchina, Raffaele Palladino, che alla Juve è stato, di passaggio, con le “stimmate” del giocatore “promettente” salvo poi non rispettare praticamente mai le attese che c’erano su di lui. Era una Juventus, quella di Palladino, non molto diversa da quella attuale, una squadra in piena ricostruzione che veniva però, a differenza di questa, dalla serie B, dagli anni bui del post calciopoli e con un futuro ancora tutto da decifrare e soprattutto da scrivere. Era l’epoca di Blanc, Secco e Cobolli Gigli, che osò definire Raffaele Palladino come il “nostro” Zlatan Ibrahimovic, come dirigenti, dei fallimenti sul mercato a suon di milioni, Diego e Felipe Melo su tutti, dei fuochi di paglia, Krasic e Amauri, degli esoneri in serie e soprattutto quella dei settimi posti. Una Juventus che oggi sembra ripercorrere quella strada ma con una sostanziale differenza perché questa è una squadra che ha chiuso, definitivamente, un lungo ciclo di vittorie perpetrato con la conquista di diciannove titoli in un lustro dove l’unico, vero, grande rammarico rimane non aver conquistato quella tanto agognata Champions League, a lungo rincorsa, con questo siamo a 27 anni dall’ultima vittoria, soltanto sfiorata ma che non è di fatto mai arrivata nonostante gli sforzi, economici e finanziari, fatti da Agnelli e dalla famiglia Elkann. Ed è proprio questa illusione di vittoria che evidentemente ha fatto perdere il lume della ragione ad una società che era diventata un modello da seguire per tutti lungo il suo ciclo vincente, perché è dal 2017, anno della finale di Champions League persa malamente contro il Real Madrid, che la Juventus ha cominciato a disperdere, poco a poco, la sua identità, la sua anima vincente e soprattutto la sua solidità a livello societario. 

L’illusione di vincere la Champions League ha fatto perdere completamente il lume della ragione a questa società e ai suoi dirigenti, ha reso la Juventus una società “arrogante”, “presuntuosa”, che ha costruito i suoi ultimi due successi in Serie A, più per forza di inerzia che per veri e propri meriti sportivi derivanti da una seria programmazione costruita nel tempo. Un' arroganza, una presunzione che ha fatto commettere degli errori clamorosi nel corso del tempo come quello di “cacciare” Marotta permettendogli di trasferirsi, a gratis, ad una diretta concorrente per il titolo senza nemmeno curarsi di poterlo, in qualche modo, impedire con una clausola contrattuale: una follia, una vera e propria roba da dilettanti che evidentemente ancora oggi si paga e a caro prezzo. Però non è nemmeno, in se per se, l’aver perso un dirigente molto capace ed esperto come Beppe Marotta la panacea di tutti i mali perché gli uomini possono essere anche sostituiti ma si deve poterlo fare con qualcuno che, possibilmente, sia almeno di pari o superiore livello rispetto al suo predecessore e soprattutto ci si dovrebbe assicurare di scegliere un uomo che sia, per quanto possibile, adatto per quel tipo ruolo. Invece Andrea ha scelto come suo successore nientemeno che il vice di Beppe, e oggi Cherubini il vice del suo vice, il suo braccio destro in tanti anni di carriera, ovvero quel Fabio Paratici, forse uno dei più grandi talent scout d’Europa ma nello stesso tempo non un altrettanto grande direttore sportivo e i fatti purtroppo lo dimostrano. 

È stato questo l’inizio della fine? Sicuramente è stato uno dei mali maggiori perché di errori ne sono stati commessi tanti, troppi nel corso del tempo ed è inammissibile se ti chiami Juventus. Ma tornando all’attualità e a quello che sta succedendo in questa, già, tribolata stagione ci permetterete di dire con tutta sincerità che quello a cui stiamo assistendo è un assoluta vergogna. Vedete perché qui non si ha la presunzione di vincere sempre, nonostante il nostro motto dica tutt’altro, poiché dopo un lunghissimo ciclo di vittorie consecutive durato dieci anni è normale e per l’appunto “ciclico” che per la legge dei grandi numeri si debba dare spazio a qualcun altro come accade anche molto spesso nella vita di tutti i giorni; però ci sono modi e modi di ricominciare per tentare di ricostruire un ciclo vincente ed è abbastanza evidente che questa strada intrapresa appena due anni fa, in questo momento, non porta da nessuna parte se non alla deriva totale di una barca che sta imbarcando acqua da tutte le parti e ad una velocità disarmante. 

È una vergogna che i giocatori scesi in campo non lottino minimamente per questa gloriosa maglia neanche, con tutto il rispetto, con il Monza che non aveva ottenuto nemmeno una vittoria in sette partite. È una vergogna che la squadra si presenti sotto la curva a fare questa pagliacciata di prendersi i fischi assordanti dei tifosi se poi la partita seguente vai a fare la stessa identica prestazione della volta precedente senza mostrare un briciolo di impegno e passione per non parlare degli "attributi". È una vergogna che il nostro allenatore si permetta di rilasciare interviste puerili durante le conferenze stampa, sempre più teatrali, accusando tifosi e addetti ai lavori di essere superficiali nel guardare le partite perché la sua squadra gioca bene, che le colpe sue sono minime perché non ha tutta gli effettivi a disposizione ma soprattutto è vergognoso che un uomo pagato sette milioni di euro netti ci venga a dire che questa è una Juve “virtuale”: no francamente è davvero troppo, non lo possiamo più accettare ne tollerare

Sinceramente caro presidente e cari dirigenti siamo stufi del vostro continuo silenzio, siamo stufi della vostra continua incapacità nel non saper prendere decisioni di un certo peso solo per difendere un’idea che si è rivelata, col senno di poi, totalmente sbagliata. Adesso è giunta l’ora di fare i fatti le chiacchere stanno a zero ed è inutile girarci attorno vogliamo la "testa" di Allegri e la vogliamo subito anche se non è l’unico colpevole. Siamo stanchi dei “fantocci” in società vogliamo della persone capaci e competenti, vogliamo una proprietà presente e che non veda i tifosi come dei “nemici” o dei semplici "polli" da spennare per riempire uno stadio sempre più silente. Dunque basta con le raccomandazioni o con le amicizie delle amicizie qui occorrono dei cambiamenti, della gente nuova e che soprattutto abbia a cuore le sorti della Juventus e attualmente nessuno di quelli presenti, tra allenatore e dirigenti, sembra tendere verso questa direzione. Ancora non è troppo tardi per rimettere in piedi questa stagione ma occorre farlo tutti insieme e chi non è convinto o non ha le capacità per farlo faccia un legittimo passo indietro. La Juventus è più importante degli uomini e adesso è giunto il momento di dimostrarlo.

#FinoAllaFine 

Francesco Indelicato

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