Abbiamo discusso,
abbondantemente, della Juventus all’interno del nostro space.
Per la
maggioranza dei partecipanti a SpaceSerieA, Massimiliano Allegri è il
problema principale della Juventus. L’uomo della teoria del corto muso, tanto criticata da Daniele Adani e da tutti i giochisti del
calcio mondiale. La verità sta nel mezzo perché dipende, spesso, dal risultato
finale. Talvolta un giochista si pente e si converte in risultatista
in base al trofeo messo in bacheca dalla propria squadra del cuore.
La formula vincente? Ancelotti
è un grande
allenatore per la maggior parte dei tifosi e opinionisti tv, soprattutto, se mette
in bacheca la Champions League. Magari per gli amici napoletani - in passato
per quelli della Juventus - non capiva nulla di calcio tanto da essere
esonerato, ma torniamo ad Allegri e alle sue attuali disgrazie.
Nello
specifico, cosa si rinfaccia all’allenatore livornese? Soprattutto l’assenza
totale di gioco. La Juventus è una squadra passiva che, in campionato, non è stata capace di
dominare club minori, sulla carta “abbordabili”, come Sampdoria, Fiorentina,
Salernitana e Monza.
In parte è
vero - Samp, Fiorentina, Salernitana e Monza non sono superiori alla Juventus,
questo è un dato di fatto oggettivo - ma Allegri ha una serie di attenuanti
generiche, nonostante il gioco pessimo, che andrò, di seguito, a elencare
una dietro l’altra:
Paulo Dybala: La
Joya, il miglior giocatore della rosa bianconera e il nono marcatore più
prolifico di tutti i tempi della Juventus, lasciato andare, a costo zero, come un Iturbe qualunque; Dybala-Vlahovic
avrebbero potuto essere una coppia di attaccanti fenomenali? Si! No? Forse,
la miglior coppia del campionato assieme a Lukaku e Lautaro Martínez. Con un
4-4-2 classico o un 3-4-1-2 sarebbero andati a nozze, andando ad abbandonare
l’idea di un 4-3-3 inapplicabile per mancanza delle ali nel calcio moderno.
Ángel Di María: l’operazione Cristiano Ronaldo aveva un senso. Di Maria un senso non ce
l’ha. Quando il portoghese è stato acquistato dalla Juventus aveva 33 anni, ma
era ancora un grande calciatore, integro fisicamente. Ronaldo veniva da un grande club (Real Madrid) ed era il miglior calciatore al mondo assieme al suo
rivale di sempre, Lionel Messi. Il trentaquattrenne DI MARIA è ormai un ex
calciatore, a fine carriera e con la testa altrove a migliaia di km di distanza,
in cerca di una vetrina, in Europa, per disputare l’ultimo mondiale della sua
carriera. Meriterebbe di vincere il mondiale, a mani basse, insieme al suo compagno di Nazionale, Messi. Un contratto di
soltanto un anno, nonostante la dirigenza juventina gli avesse offerto un biennale per sfruttare il Decreto Crescita. A braccia aperte lo aspetta il
Rosario Central. Il matrimonio si farà per buona pace dei tifosi juventini. Con
una dirigenza forte e competente - Moggi o Marotta, tanto per fare due nomi a
caso - questo scempio non sarebbe stato possibile; Di Maria, oggi, molto
probabilmente, non vestirebbe i colori della vecchia signora. La carriera del
calciatore argentino non si discute, nemmeno il talento cristallino, ma la
scelta di portarlo a Torino, per adesso, non sta pagando anzi è piuttosto
deficitaria e lascia perplessi.
Paul Pogba: La
classica minestra riscaldata che nel calcio italiano, ormai, è il piatto
principale della giornata. Il menù turistico nella speranza di riempiere la
pancia spendendo poco. Grandissimo calciatore nella prima era Juventus,
punta di diamante di un centrocampo stellare con Vidal, Pirlo e Marchisio. Dopo
5 anni, come un pacco di taralli pugliesi, rispedito dalla Premier League al
mittente. In un centrocampo da rifondare o, alla peggio, da ritoccare con
uomini dotati soprattutto di una certa fisicità - per ammissione stessa di
Allegri, tifosi e degli addetti ai lavori - Paul non può essere l’uomo giusto
per problemi fisici e personali. Urgeva un Serge(j)nte di ferro. Pessima la
gestione dell’infortuno da parte della società che, con un silenzio assordante,
ha assecondato la scelta discutibile del calciatore e cioè quella di non
operarsi, optando per la terapia conservativa, per non perdere il prossimo mondiale.
Come è andata a finire? Juve, Pogba si opera al ginocchio. “Intervento
Riuscito”.
De Ligt: tralasciando
l’aspetto economico dell’operazione in uscita della Juventus, il forte
difensore olandese non è stato sostituto adeguatamente. Arrivato a
Torino come l’uomo in grado di spostare gli equilibri, il miglior difensore
centrale della sua generazione, il Cristiano Ronaldo della difesa. Ceduto al
Bayer Monaco dopo appena due stagioni con la casacca juventina. Bremer è
un abile marcatore, quasi, insuperabile nell’uno contro uno e nel gioco areo,
ma decisamente inferiore rispetto all’olandese nella fase di regia e nella
leadership in difesa.
Bremer o no Bremer: il brasiliano, ex cuore granata, è un calciatore bravo in marcatura a
uomo a tutto campo e alla ricerca costante dell’anticipo oltre la metà campo.
Alla Juventus si ritrova con una difesa bassa e, spesso, a dettare tempi e
distanze alla manovra. L’Inter l’avrebbe acquistato a soltanto 30
milioni (il suo reale prezzo di mercato), alla Juventus è costato quasi il
doppio: 50 milioni di euro tra la parte fissa e quella variabile. Una mossa di
mercato aristocratica con la puzza sotto il naso o una mossa disperata
per sostituire il partente De Ligt? Preso a 30 milioni, la Juventus avrebbe avuto un piccolo tesoretto da utilizzare per rinforzare, ulteriormente, il
pacchetto arretrato.
Terzini: Con
Arrivabene la Juventus ha guardato più all’aspetto economico che a quello tecnico e tattico
della rosa bianconera guidata da Massimiliano Allegri. Per andare al Max, alla
Juventus mancano due/tre terzini per giocare a quattro in difesa. L’unico abile
e arruolabile è Mattia De Sciglio, ma i conti non tornano con l’attuale
rosa a disposizione del tecnico livornese. Poco ponderata, tecnicamente
parlando, la cessione di Luca Pellegrini e quella, in prestito, di Andrea
Cambiaso. Quest’ultimi non sono dei grandi calciatori, ma decisamente più
giovani di quelli attuali e soprattutto avrebbero potuto giocare da terzini in
una difesa a quattro.
Mancano gli esterni di centrocampo dotati di grande forza e resistenza per giocare nella difesa
a tre. Juan Cuadrado ha 34 primavere
e un curriculum vitae di tutto rispetto, tutto messo nero su bianco, ma non è
più in grado di coprire tutto il campo in entrambe le fasi di gioco. Alex
Sandro ha soltanto 31 anni, ma è sotto gli occhi di tutti l’involuzione
mentale, fisica, tecnica e tattica del calciatore brasiliano. Più che un valore
aggiunto per la Juventus, Alex Sandro è un peso per il bilancio, in profondo
rosso, degli juventini anche in virtù degli undici milioni di stipendio
percepiti all’anno. Non lo voleva nessuno - soprattutto per via del suo
stipendio da nababbo - è rimasto alla Juventus a fare il titolare inamovibile. Con
i soldi dello stipendio di Alex Sandro, il Milan ci faceva il nuovo stadio.
Roba da film di fantascienza o da film horror; i problemi attuali della
Juventus nascono dalla gestione pessima di calciatori sopravvalutati che
andavano venduti al momento giusto per fare cassa e comunque non più utili alla
causa bianconera.
Cercasi un difensore centrale di piede sinistro: Bremer può giocare sia a destra che a
sinistra, però il destro è il suo piede preferito. Allora una domanda, tra le
tante, sorge spontanea: dov’è il sostituto di Re Giorgio (Chiellini)? Guardando
in panchina, ad Allegri non resta che piangere. Le alternative non ci sono per Max
che rischia di perdere tutti i capelli nella futura zona donatrice,
condannandolo alla calvizie per sempre. Rugani e, per adesso, Gatti non
sono all’altezza di vestire la maglia, da titolare, della squadra più titolata
d’Italia. Al massimo i due difensori italiani possono ambire a vestire la
maglia di Ranocchia che al Monza - purtroppo per lui - non si è trasformato in un Principe Azzurro.
Andrea Agnelli è il suo silenzio assordante. Ridimensionato
e sulla carta commissionato da Exor con l’arrivo di Arrivabene - a causa delle
preoccupazioni derivanti dal bilancio in perdita degli ultimi anni - il quale capisce
meno di lui di calcio. Andrea non vede, non sente e non parla alla stampa anche
quando dovrebbe. A differenza delle tre scimmie sagge del santuario di Tōshōgū
a Nikko, il comportamento di Andrea Agnelli è poco assennato. Molti juventini
vorrebbero la sua testa, per adesso resta saldo al timone della squadra
bianconera che sta imbarcando acqua da tutte le parti. Da grande capitano non
abbandona la nave, ma l’esito della stagione in corso potrebbe essere decisivo
per il rampollo graduato della famiglia Agnelli?
Organigramma: definire all’interno della
società bianconera chi fa che cosa, possibilmente, in base al merito e alla
competenza. È una società con un modello organizzativo di tipo
piramidale, ormai, superato da tempo. Al vertice decisionale non ci può essere
un uomo, solo, al comando. Andrebbero rivisti e definiti ruoli, assegnate
responsabilità. Delegare e non accentrare il potere a poche persone. Abbandonare
l’idea - come vorrebbero tanti tifosi juventini nostalgici - di delegare il
potere a un Deus ex machina in grado di risolvere tutti i problemi societari; Ad esempio -
il grande rimpianto - Antonio Conte è l’unico allenatore italiano in grado di fare
di necessità virtù. L'unico in grado di ricostruire una squadra da zero. Ma riprenderlo alla Juventus sarebbe un altro grande
errore di valutazione. Questa strategia porterebbe risultati positivi soltanto nel breve
periodo. Poi i nodi arriverebbero sempre al pettine perché all’indomani di una possibile partenza del salentino, a Torino, ci sarebbero le macerie.
Juventinità: società
molto carente da un punto di vista della comunicazione che sembra molto fredda
e distaccata soprattutto con i propri tifosi. È un errore madornale perché poi,
durante la stagione, nascono incomprensioni e problemi di varia natura. Fino a quando c’era, come
allenatore e condottiero, un certo Antonio Conte - il salentino incarna
alla perfezione lo spirito combattivo e vincente della Juventus - riuscivi a
sopperire a tale criticità. Con Max Allegri non lo puoi fare perché il toscano
è disastroso nelle pubbliche relazioni. Battute fuori logo dettate soprattutto
dal momento contingente di palese difficoltà del tecnico livornese. Quando non
vinci, poi, sei sotto la lente d’ingrandimento e, di conseguenza, l’opinione pubblica non ti
perdona niente. All’interno della società ci vorrebbe una figura professionale
in grado di portare juventinità. Del Piero o Buffon potrebbero rifare
il look, ormai demodé, della Vecchia Signora.
Scouting: il
calcio mondiale è cambiato repentinamente negli ultimi anni. Il tempo
delle vacche grasse è finito anche per una delle famiglie più ricche e potenti
al mondo. Urge investire sui giovani più promettenti del vivaio e di
altri campionati. Il Modello Milan/Napoli è il futuro.
Dodicesimo uomo in campo: Riportare gli juventini allo stadio attraverso una politica dei costi
degli abbonamenti più contenuta rispetto al presente. Dopo Cristiano Ronaldo i
costi degli abbonamenti sono in crescita e più alti rispetto ai top club
italiani. Non deve e non può essere sottovalutato il valore aggiunto dato alla
squadra dal cosiddetto dodicesimo uomo in campo. Sarebbe un errore
imperdonabile per tutto il movimento calcistico. I tifosi della Juventus meritano
più rispetto.
Infine,
vorrei fare un’ultima considerazione sull’attuale rosa bianconera, prendendo ad
esempio quella della finale della UEFA Champions League 2016-2017. Quella
Juventus era una squadra completa, ognuno giocava nella sua posizione. Undici calciatori
di grande livello che avrebbero giocato titolari in tutte le squadre di Serie
A.
Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Khedira, Pjanic, Alex Sandro, Dani Alves, Dybala, Mandzukic, Higuain.
La rosa
attuale, invece, non è all’altezza perché carente in ogni reparto di gioco per
i motivi sopra indicati.
La teoria
del corto muso è una cacata pazzesca…ma alla fine i buoni calciatori contano,
eccome se contano, nel raggiungere obiettivi e traguardi prestigiosi.
Nel caso
della Juventus, i buoni calciatori contano di più, soprattutto, se ti chiami JUVENTUS.
Arsenico17
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