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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

#FinoallaFine: Le attenuanti generiche di Allegri


Abbiamo discusso, abbondantemente, della Juventus all’interno del nostro space.
Per la maggioranza dei partecipanti a SpaceSerieA, Massimiliano Allegri è il problema principale della Juventus. L’uomo della teoria del corto muso, tanto criticata da Daniele Adani e da tutti i giochisti del calcio mondiale. La verità sta nel mezzo perché dipende, spesso, dal risultato finale. Talvolta un giochista si pente e si converte in risultatista in base al trofeo messo in bacheca dalla propria squadra del cuore.

La formula vincente? Ancelotti è un grande allenatore per la maggior parte dei tifosi e opinionisti tv, soprattutto, se mette in bacheca la Champions League. Magari per gli amici napoletani - in passato per quelli della Juventus - non capiva nulla di calcio tanto da essere esonerato, ma torniamo ad Allegri e alle sue attuali disgrazie.  
Nello specifico, cosa si rinfaccia all’allenatore livornese? Soprattutto l’assenza totale di gioco. La Juventus è una squadra passiva che, in campionato, non è stata capace di dominare club minori, sulla carta “abbordabili”, come Sampdoria, Fiorentina, Salernitana e Monza.
In parte è vero - Samp, Fiorentina, Salernitana e Monza non sono superiori alla Juventus, questo è un dato di fatto oggettivo - ma Allegri ha una serie di attenuanti generiche, nonostante il gioco pessimo, che andrò, di seguito, a elencare una dietro l’altra:

Paulo Dybala: La Joya, il miglior giocatore della rosa bianconera e il nono marcatore più prolifico di tutti i tempi della Juventus, lasciato andare, a costo zero, come un Iturbe qualunque; Dybala-Vlahovic avrebbero potuto essere una coppia di attaccanti fenomenali? Si! No? Forse, la miglior coppia del campionato assieme a Lukaku e Lautaro Martínez. Con un 4-4-2 classico o un 3-4-1-2 sarebbero andati a nozze, andando ad abbandonare l’idea di un 4-3-3 inapplicabile per mancanza delle ali nel calcio moderno.

Ángel Di María: l’operazione Cristiano Ronaldo aveva un senso. Di Maria un senso non ce l’ha. Quando il portoghese è stato acquistato dalla Juventus aveva 33 anni, ma era ancora un grande calciatore, integro fisicamente. Ronaldo veniva da un grande club (Real Madrid) ed era il miglior calciatore al mondo assieme al suo rivale di sempre, Lionel Messi. Il trentaquattrenne DI MARIA è ormai un ex calciatore, a fine carriera e con la testa altrove a migliaia di km di distanza, in cerca di una vetrina, in Europa, per disputare l’ultimo mondiale della sua carriera. Meriterebbe di vincere il mondiale, a mani basse, insieme al suo compagno di Nazionale, Messi. Un contratto di soltanto un anno, nonostante la dirigenza juventina gli avesse offerto un biennale per sfruttare il Decreto Crescita. A braccia aperte lo aspetta il Rosario Central. Il matrimonio si farà per buona pace dei tifosi juventini. Con una dirigenza forte e competente - Moggi o Marotta, tanto per fare due nomi a caso - questo scempio non sarebbe stato possibile; Di Maria, oggi, molto probabilmente, non vestirebbe i colori della vecchia signora. La carriera del calciatore argentino non si discute, nemmeno il talento cristallino, ma la scelta di portarlo a Torino, per adesso, non sta pagando anzi è piuttosto deficitaria e lascia perplessi.   

Paul Pogba: La classica minestra riscaldata che nel calcio italiano, ormai, è il piatto principale della giornata. Il menù turistico nella speranza di riempiere la pancia spendendo poco. Grandissimo calciatore nella prima era Juventus, punta di diamante di un centrocampo stellare con Vidal, Pirlo e Marchisio. Dopo 5 anni, come un pacco di taralli pugliesi, rispedito dalla Premier League al mittente. In un centrocampo da rifondare o, alla peggio, da ritoccare con uomini dotati soprattutto di una certa fisicità - per ammissione stessa di Allegri, tifosi e degli addetti ai lavori - Paul non può essere l’uomo giusto per problemi fisici e personali. Urgeva un Serge(j)nte di ferro. Pessima la gestione dell’infortuno da parte della società che, con un silenzio assordante, ha assecondato la scelta discutibile del calciatore e cioè quella di non operarsi, optando per la terapia conservativa, per non perdere il prossimo mondiale. Come è andata a finire? Juve, Pogba si opera al ginocchio. “Intervento Riuscito”. 

De Ligt: tralasciando l’aspetto economico dell’operazione in uscita della Juventus, il forte difensore olandese non è stato sostituto adeguatamente. Arrivato a Torino come l’uomo in grado di spostare gli equilibri, il miglior difensore centrale della sua generazione, il Cristiano Ronaldo della difesa. Ceduto al Bayer Monaco dopo appena due stagioni con la casacca juventina. Bremer è un abile marcatore, quasi, insuperabile nell’uno contro uno e nel gioco areo, ma decisamente inferiore rispetto all’olandese nella fase di regia e nella leadership in difesa.

Bremer o no Bremer: il brasiliano, ex cuore granata, è un calciatore bravo in marcatura a uomo a tutto campo e alla ricerca costante dell’anticipo oltre la metà campo. Alla Juventus si ritrova con una difesa bassa e, spesso, a dettare tempi e distanze alla manovra. L’Inter l’avrebbe acquistato a soltanto 30 milioni (il suo reale prezzo di mercato), alla Juventus è costato quasi il doppio: 50 milioni di euro tra la parte fissa e quella variabile. Una mossa di mercato aristocratica con la puzza sotto il naso o una mossa disperata per sostituire il partente De Ligt? Preso a 30 milioni, la Juventus avrebbe avuto un piccolo tesoretto da utilizzare per rinforzare, ulteriormente, il pacchetto arretrato.

Terzini: Con Arrivabene la Juventus ha guardato più all’aspetto economico che a quello tecnico e tattico della rosa bianconera guidata da Massimiliano Allegri. Per andare al Max, alla Juventus mancano due/tre terzini per giocare a quattro in difesa. L’unico abile e arruolabile è Mattia De Sciglio, ma i conti non tornano con l’attuale rosa a disposizione del tecnico livornese. Poco ponderata, tecnicamente parlando, la cessione di Luca Pellegrini e quella, in prestito, di Andrea Cambiaso. Quest’ultimi non sono dei grandi calciatori, ma decisamente più giovani di quelli attuali e soprattutto avrebbero potuto giocare da terzini in una difesa a quattro.  

Mancano gli esterni di centrocampo dotati di grande forza e resistenza per giocare nella difesa a tre. Juan Cuadrado ha 34 primavere e un curriculum vitae di tutto rispetto, tutto messo nero su bianco, ma non è più in grado di coprire tutto il campo in entrambe le fasi di gioco. Alex Sandro ha soltanto 31 anni, ma è sotto gli occhi di tutti l’involuzione mentale, fisica, tecnica e tattica del calciatore brasiliano. Più che un valore aggiunto per la Juventus, Alex Sandro è un peso per il bilancio, in profondo rosso, degli juventini anche in virtù degli undici milioni di stipendio percepiti all’anno. Non lo voleva nessuno - soprattutto per via del suo stipendio da nababbo - è rimasto alla Juventus a fare il titolare inamovibile. Con i soldi dello stipendio di Alex Sandro, il Milan ci faceva il nuovo stadio. Roba da film di fantascienza o da film horror; i problemi attuali della Juventus nascono dalla gestione pessima di calciatori sopravvalutati che andavano venduti al momento giusto per fare cassa e comunque non più utili alla causa bianconera.     

Cercasi un difensore centrale di piede sinistro: Bremer può giocare sia a destra che a sinistra, però il destro è il suo piede preferito. Allora una domanda, tra le tante, sorge spontanea: dov’è il sostituto di Re Giorgio (Chiellini)? Guardando in panchina, ad Allegri non resta che piangere. Le alternative non ci sono per Max che rischia di perdere tutti i capelli nella futura zona donatrice, condannandolo alla calvizie per sempre. Rugani e, per adesso, Gatti non sono all’altezza di vestire la maglia, da titolare, della squadra più titolata d’Italia. Al massimo i due difensori italiani possono ambire a vestire la maglia di Ranocchia che al Monza - purtroppo per lui - non si è trasformato in un Principe Azzurro.

Andrea Agnelli è il suo silenzio assordante. Ridimensionato e sulla carta commissionato da Exor con l’arrivo di Arrivabene - a causa delle preoccupazioni derivanti dal bilancio in perdita degli ultimi anni - il quale capisce meno di lui di calcio. Andrea non vede, non sente e non parla alla stampa anche quando dovrebbe. A differenza delle tre scimmie sagge del santuario di Tōshōgū a Nikko, il comportamento di Andrea Agnelli è poco assennato. Molti juventini vorrebbero la sua testa, per adesso resta saldo al timone della squadra bianconera che sta imbarcando acqua da tutte le parti. Da grande capitano non abbandona la nave, ma l’esito della stagione in corso potrebbe essere decisivo per il rampollo graduato della famiglia Agnelli?

Organigramma: definire all’interno della società bianconera chi fa che cosa, possibilmente, in base al merito e alla competenza. È una società con un modello organizzativo di tipo piramidale, ormai, superato da tempo. Al vertice decisionale non ci può essere un uomo, solo, al comando. Andrebbero rivisti e definiti ruoli, assegnate responsabilità. Delegare e non accentrare il potere a poche persone. Abbandonare l’idea - come vorrebbero tanti tifosi juventini nostalgici - di delegare il potere a un Deus ex machina in grado di risolvere tutti i problemi societari; Ad esempio - il grande rimpianto - Antonio Conte è l’unico allenatore italiano in grado di fare di necessità virtù. L'unico in grado di ricostruire una squadra da zero. Ma riprenderlo alla Juventus sarebbe un altro grande errore di valutazione. Questa strategia porterebbe risultati positivi soltanto nel breve periodo. Poi i nodi arriverebbero sempre al pettine perché all’indomani di una possibile partenza del salentino, a Torino, ci sarebbero le macerie. 

Juventinità: società molto carente da un punto di vista della comunicazione che sembra molto fredda e distaccata soprattutto con i propri tifosi. È un errore madornale perché poi, durante la stagione, nascono incomprensioni e problemi di varia natura. Fino a quando c’era, come allenatore e condottiero, un certo Antonio Conte - il salentino incarna alla perfezione lo spirito combattivo e vincente della Juventus - riuscivi a sopperire a tale criticità. Con Max Allegri non lo puoi fare perché il toscano è disastroso nelle pubbliche relazioni. Battute fuori logo dettate soprattutto dal momento contingente di palese difficoltà del tecnico livornese. Quando non vinci, poi, sei sotto la lente d’ingrandimento e, di conseguenza, l’opinione pubblica non ti perdona niente. All’interno della società ci vorrebbe una figura professionale in grado di portare juventinità. Del Piero o Buffon potrebbero rifare il look, ormai demodé, della Vecchia Signora.

Scouting: il calcio mondiale è cambiato repentinamente negli ultimi anni. Il tempo delle vacche grasse è finito anche per una delle famiglie più ricche e potenti al mondo. Urge investire sui giovani più promettenti del vivaio e di altri campionati. Il Modello Milan/Napoli è il futuro.

Dodicesimo uomo in campo: Riportare gli juventini allo stadio attraverso una politica dei costi degli abbonamenti più contenuta rispetto al presente. Dopo Cristiano Ronaldo i costi degli abbonamenti sono in crescita e più alti rispetto ai top club italiani. Non deve e non può essere sottovalutato il valore aggiunto dato alla squadra dal cosiddetto dodicesimo uomo in campo. Sarebbe un errore imperdonabile per tutto il movimento calcistico. I tifosi della Juventus meritano più rispetto.

Infine, vorrei fare un’ultima considerazione sull’attuale rosa bianconera, prendendo ad esempio quella della finale della UEFA Champions League 2016-2017. Quella Juventus era una squadra completa, ognuno giocava nella sua posizione. Undici calciatori di grande livello che avrebbero giocato titolari in tutte le squadre di Serie A.  
 
Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Khedira, Pjanic, Alex Sandro, Dani Alves, Dybala, Mandzukic, Higuain.

La rosa attuale, invece, non è all’altezza perché carente in ogni reparto di gioco per i motivi sopra indicati.

La teoria del corto muso è una cacata pazzesca…ma alla fine i buoni calciatori contano, eccome se contano, nel raggiungere obiettivi e traguardi prestigiosi. 

Nel caso della Juventus, i buoni calciatori contano di più, soprattutto, se ti chiami JUVENTUS.  

Arsenico17


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