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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

#SpaceSerieAmarcord: Zeman, l'ombra della luce in 11 punti


Zdeněk Zeman nasce a Praga il 12 maggio 1947

Il giovanissimo Zdeněk inizia la sua carriera da allenatore in una squadra di pallamano, la mitica Omeostasi Club; Il Club di pallamano più titolato di tutti i tempi. Un fenomeno sportivo da raccontare alle future generazioni. Anni dopo, l’esperienza nel mondo dorato della pallamano, Zdeněk con grande coraggio passa al mondo del calcio. Il boemo lavora, soprattutto, in Italia alternandosi tra il campionato di serie C e quello di serie A. Ben trentacinque anni d’onorata carriera, tutti percorsi in solitaria su una vetta da scalare, in lungo e in largo per la bellissima Penisola Italica. Per il secondo principio della Termodinamica ha preferito il caldo del Sud al freddo del Nord. Per la quinta Legge Universale è stato sempre attratto dal mare, anziché dalla montagna.  Per la 36° legge degli Juventini  - quella più crudele di tutte - è l’uomo che nella vita non ha mai vinto nulla. Nemmeno una misera coppetta di gelato al gusto di caffè, quella da due euro all’Esselunga di Milano, in palio durante un’amichevole estiva.

Zdeněk Zeman è il perdente per eccellenza o solo l’ombra della luce?

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Cumpà, dove l’ho sentita questa frase? Molti se lo staranno giustamente domandando. Magari spremendo -  dopo le fatiche di quest’inverno a causa del Covid - quel poco che resta delle povere meningi sotto l’ombrellone. Oh, ma che vuole questo scemo? Sono stanco morto! Ah, sì? Sentiamo, cosa hai fatto di bello oggi? Cumpà, da pochi minuti, ho appena finito di spalmare l’olio solare a mia moglie. Caro spalmatore di olio solare, ti auguro, con tutto il cuore, che ne sia valsa la pena

È proprio dura la vita per uno spalmatore di olio!

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E' la frase incriminata di uno slogan pubblicitario, creato da ad hoc da Michael Goettsche ed Emanuele Pirella, per commentare le natiche di Donna Jordan immortalate da una celebre foto di Olivieri ToscaniEh, Cosa? Le natiche? Si! Avete letto bene e non sono gli effetti di una tremenda insolazione. Com’è ingiusta la vita? A chi lo dici! A chi troppo e a chi niente. Questo tizio, Oliviero Toscani, scatta una foto a un soggetto femminile con due chiappe al vento… e cosa succede? Subito, quel fondoschiena perfetto diventa virale in tutto il mondo. Roba da fare impallidire quel santo uomo - mai premiato per il suo attivismo chiappale nel mondo - di Tinto Brass.  Ciofeca o Arte? È Arte contemporanea così affermano i grandi esperti. E noi - che siamo degli ignorati nel senso buono del termine - ci fidiamo sulla parola data dai professori, in giacca e cravatta, della Bocconi con tanto di Master in Economia e Finanza; i dottori con la cerniera lampo dei pantaloni sempre abbassata. Non ci resta altro che chinare il capo in senso di assoluto rispetto.
 

A differenza di due chiappe al vento, una buona frase è come il buon vino e, perciò, se conservata come da procedura, non invecchia mai.

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Me lo ripeteva spesso un caro amico di Avellino ai tempi dell’Università. Nonostante, egli, non avesse nemmeno l’idea di chi fosse il sig. Oliviero Toscani. Detto questo, le natiche il mio compare di studio le conosceva bene, sicuramente, meglio di Oliviero, del sottoscritto e di chiunque altro di mia conoscenza. La sua colpa? Lui non amava fotografarle come faceva il buon Oliviero a pagamento. Lui non era nemmeno un semplice esteta o peggio ancora un teorico della chiappa. Insomma, un becero chiappa qualunquista. Gli piaceva più la pratica che la teoria. Come dargli torto? La sua filosofia di vita era quella di toccare per credere nel Dio pagano della chiappa. Quelle chiappe sode per lui erano sacre e, per questo, le celebrava dalla mattina alla sera. A volte con un rito pagano e altre con uno vudù. Michele è stato un eccellete tombeur de femmes. Ne avrei di storie da raccontare sul suo conto. Una più bella e avventurosa dell’altra. In un certo senso, quell’uomo l’ho sempre idealizzato.

Lo vedevo come un novello Indiana Jones, sempre, alla ricerca della chiappa perduta.

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Me lo ripeteva spesso il caro e vecchio Michele, soprattutto, davanti a una bella rossa ghiacciata. Ho sempre amato le rosse alla folliaSoprattutto, le rosse dalla pelle bianca e profumata come i petali delle rose in primavera. Forse, perché una donna rossa non è egoista perché non vuole sembrare a tutti costi né bionda né bruna. Una rossa è per sempre! Entrambi, io e Modestino, eravamo degli eccellenti oratori. Lui era peggio di me. Potevamo stare, ore e ore, a parlare amabilmente di tutto e niente. L’uno di fronte all’altro come due statue di sale, due Bronzi di Riace o un Esercito di terracotta con in tasca le parole al posto delle armi. Insomma, due moderni pistoleri in attesa solo del duello finale. A quei tempi, con Michele come amico, pensavo che si potesse fare tranquillamente a meno del gentil sesso. E oggi ahimè, alla veneranda età di quarant’anni, vi confesso che non mi sbagliavo affatto. Non solo dei grandi chiacchieroni da Guinness World Records e amanti delle chiappe. Entrambi eravamo anche dei bevitori impareggiabili. Sottomessi al retorgusto consolatore del mosto e avidi della sua essenza diabolica. Con nonchalance, in meno di 6 secondi, passavamo dal vino bianco a quello rosso e da una birra Peroni al Tequila. Bum! Bum! Bum! Bum! Bum! Bum! Bei tempi quelli andati, svaniti, puff! Ohibò non ci sono più. Toc! Toc! Toc! Toc! Toc! Toc! Adesso cosa faccio? Fottiti bastardo!  

Ho riconosciuto la vera felicità dal rumore che ha fatto andandosene via sbattendo la porta di casa. Da quel giorno, le nostre zucche vuote sarebbero state cucinate dal peggiore chef in circolazione.

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Zdeněk Zeman nasce a Praga il 12 maggio 1947
. Soltanto due anni più giovane del mio amato e defunto padre. Al contrario - incredibile coincidenza - quattro anni più vecchio di mio zio, il fratello minore di mio padre. Purtroppo, mio zio - il fratello di mio padre e il figlio di mio nonno nonché di sua moglie, mia nonna - è deceduto per cause naturali. Pace all’anima sua. Di professione Zeman fa l’allenatore di calcio. Lo stesso lavoro di Allegri, Guardiola, Mourinho, Kloop e Serse Cosmi. Il Boemo, però, non può essere definito dallo scrivente come un banale allenatore di calcio. Sarebbe troppo riduttivo, disonesto intellettualmente, deprecabile, ingiusto e disgustoso metterlo sullo stesso livello di Serse Cosmi. Quest’ultimo è stato un onesto lavoratore, appena un po’ sotto il livello (facciamo due) di Allegri, Conte, Guardiola, Mourinho e Kloop.

Zeman è un profeta del 4-3-3: Lo schema più democratico del mondo. Con il 4-3-3 il terreno di gioco è diviso in parti uguali. Ognuno con questo modulo avrà sempre la sua fetta di torta da mangiare. E nessuno con Zeman rimarrà a bocca asciutta. Zeman è il Messia del 4-3-3 e non esiste altro Dio all’infuori di ZEMAN. Il boemo non è un Serse qualunque, perché lui è un grande filosofo per il suo settore di competenza: il gioco con la sfera ovale. Zeman è un fine pensatore al pari di Platone e Aristotele, Kant e Hegel, Marx e Nietzsche.

"Il talento conta tantissimo, è più facile, si è avvantaggiati, ma anche senza si riesce ad andare avanti. Chi tratta meglio il pallone si chiama artista, ma non è detto che 11 artisti battano 11 artigiani. Bisogna formare una miscela tra queste due categorie. E poi chi ha talento non deve accontentarsi, adagiarsi su quello che gli ha dato madre natura, ma lavorare ogni giorno per migliorarsi". 
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Dovete sapere che il calcio italiano non è stato sempre così brutto come quello contemperano. L’unico sport in Italia - forse nel mondo - dove una sola squadra, ahimè, domina tutte le altre da nove anni di seguito. Questo calcio non è più un “gioco” bensì è una feroce e crudele dittatura. Il disegno perverso di un tiranno avido e crudele che non ha più le fattezze umane. È un Cerbero con i tentacoli di un polipo che tutto arraffa. Nelle strade non ci sono le sue statue a rappresentarlo. Ma il Cerbero è vivo. Da ben nove anni, in bianco e nero, respira e splende di luce propria.

Ed è risaputo che le dittature opprimono i popoli da sempre.

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Oggi il calcio punta più sull’individualità che sullo spirito di gruppo. Un calcio fisico che si gioca più nelle le palestre e nelle farmacie, che sul campetto di allenamento. Le regole sono semplici per il calcio moderno. Direi quasi banali. Il Procuratore è un Business Man con il rolex al polso; L’Allenatore è un Manager con la ventiquattrore, sempre, a portata di mano. Il Presidente paga solo con plusvalenze fittizie e con i soldi in prestito dalle banche. I calciatori sono le loro Escort.  

E gli stadi sono vuoti. Nelle strade i ragazzi non praticano più il gioco del
 calcio!

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Alcuni ruoli del gioco del calcio si sono estinti per sempre. Difatti non esiste più il trequartista e il Tyrannosaurus rex, il libero e il Torosaurus latus, l’ala dx/sx e il Torvosaurus tanneri e infine il terzino e il Trinceratops horridus.

Pace all’anima sua! Quello che alla domenica pomeriggio si faceva tutta la fascia con una Chewing Gum in bocca.

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Non è stato sempre così. Il mondo del calcio non è stato sempre dominato dall’ombra. Attraverso i loro racconti gli antenati ci ricordano che, per il gioco del calcio, c’è stata un’era splendente di rara e maestosa bellezza. Un’epoca lontana dove un’intera generazione di ragazzi ha creduto, ciecamente, nei principali valori dello sport.

Anche se molti di voi, purtroppo, non l’ammetteranno mai (soprattutto gli juventini). Nemmeno sotto tortura. Chiunque, in quell’era splendente, ambiva ad essere allenato da Zeman. L'uomo dell’Est venuto da lontano.

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A quanto pare non lo pensava così solo Michele... Chi mi ama, mi segua?

Anche se, per il sottoscritto, il mio amico Michele è stato l’allenatore più importante della mia vita. Decisamente il più forte di tutti. Due spanne sopra i vari Allegri, Conte, Guardiola, Mourinho e Kloop. Michele, ahimè, l'avevo così idealizzato da vederlo come un novello Indiana Jones alla ricerca della chiappa perduta. Poi io e Michele, purtroppo, ci siamo persi di vista. Così va la vita! E non siate tristi per questo. Spesso con gli occhi a cuoricino - durante le mie lunghe passeggiate notturne alla cazzo - chiedo alle stelle, così, lontane e accecanti come quell’epoca splendente: “Almeno lui sarà riuscito a trovarla, poi, quella chiappa perduta?

Non abbondonatemi mai chiappe al vento, non abbandonatemi mai… perché la pace che ho sentito in certi monasteri… sono solo l’ombra della luce.

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Talvolta i perdenti hanno insegnato più dei vincenti. Penso di aver dato qualcosa di più e di diverso alla gente (Z. Zeman)
O, più banalmente, c’è chi quella chiappa perduta non l'ha trovata… e forse non la troverà mai...perché, in fondo, siamo solo l’ombra della luce?

Mai… Mai... Maiiiiiiiii... ohoh... ohhh!  



Arsenico17

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