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“Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant'anni, all'aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire”. [Zdnek Zeman]
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Pantani, Morricone, Maradona, Platini e Baresi (Il 5° elemento di base della vita: la Sublimazione)
La vanità è decisamente il mio peccato preferito. Kevin, è elementare. La vanità è l'oppiaceo più naturale.
Per sublimazione, in psicologia, si intende un meccanismo che sposta una pulsione sessuale o aggressiva verso una meta non sessuale o non aggressiva. In chimica un processo di sublimazione è il passaggio di stato di un corpo dallo stato solido allo stato aeriforme senza passare attraverso lo stato liquido. Infine, non certo per importanza - secondo i dettami sacri della grammatica italiana - la sublimazione è un sostantivo femmine che esprime elevazione, soprattutto, in senso spirituale o morale. Diverse sono le attività e le rappresentazioni umane che consentono di raggiungere uno stato di elevazione spirituale e/o morale. Alzi la mano chi - magari immaginando di essere, ancora, tra i banchi di scuola - non ha, mai, sublimato durante un’impresa sportiva del ciclista romagnolo, Marco Pantani?
Scatto di Pantani! Sul passo del Mortirolo - ben
1.852 metri sul livello del mare - un indomito Pirata lascia
tutti in fondo alla salita e con la lingua penzolante, come un vecchio bue alla
fine dei suoi giorni, compreso il super campione spagnolo Miguel
Indurain.
Un’altra forma di elevazione spirituale potrebbe essere quella di ascoltare il maestro Ennio Morricone. Magari e perché no? Durante un viaggio spirituale in mezzo al Tavoliere delle Puglie.
Once Upon a Time in
the West, Cinema Paradiso, The Mission, Giù la Testa, Once Upon a Time in
America, Per un Pugno di Dollari, Il Buono, il Brutto e il Cattivo, Saharan
Dream sono soltanto alcuni pezzi - tra i capolavori assoluti del maestro romano
- che hanno fatto la storia del cinema italiano e mondiale.
“Devo cercare di realizzare una colonna sonora che piaccia sia al regista sia al pubblico, ma soprattutto deve piacere a me perché altrimenti non sono contento. Io devo essere contento prima del regista. Non posso tradire la mia musica”.
L’Oscar alla carriera 2007 e quello alla migliore colonna sonora nel 2016 per The Hateful Eight, sono, soltanto, alcuni dei tanti riconoscimenti ricevuti dal sommo maestro.
Non solo la musica, ma anche il cinema può portare a un'elevazione dello
spirito. Non credo, difatti, sia possibile restare indifferenti agli ideali
proposti dal film l’Attimo Fuggente con protagonista un virtuoso Robin Williams. Tra le tante scene
del film, degne di nota, vorrei ricordare quella in cui l’illuminato
professore Keating decide di salire in cattedra per
sensibilizzare i propri alunni a vedere la vita da un’altra prospettiva
rispetto a quella abituale.
Perché sono salito quassù? Chi indovina? Per sentirsi alto! No. Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva.
Ebbene, detto questo, anche il calcio può condurre lo spirito e la morale a uno stato di elevazione? Assolutamente, sì!
FASE DI RISCALDAMENTO ALLO STADIO SAN PAOLO
Tra gli scugnizzi
napoletani ce n’è soltanto uno di adozione. Diego Armando è
nato il 30 ottobre 1960, ben 60 anni fa, nel quartiere disagiato di Villa
Fiorito in Buenos Aires. Soltanto 1,65 cm di altezza per un peso forma di 67
kg. Dotato di muscoli esplosivi e, ben, due cesoie al posto delle gambe.
Capelli ricci e di colore nero, come la notte più buia d’inverno, a ricordare la forza
bestiale e la bellezza della gioventù. I lineamenti del viso non sono educati
come quelli di un figlio di papà. Sarebbe meglio nella vita di tutti i giorni non incontrare il Pelusa nel momento e nel posto sbagliato.
Grazie al suo indiscusso talento, Maradona ha saputo stringere amicizie con politici
“influenti” come Carlos Saùl Menem, Fidel
Castro e Hugo Chàvez. Inoltre, il campione
argentino - fregandosene delle stupide regole del bon ton
imposte da una società pallonara bigotta - non ha mai nascosto
una sincera ammirazione per Ernesto ‘Che’ Guevara, ex leader
della rivoluzione cubana. Al contrario, contro corrente come pochi altri
sportivi al mondo - perché non è da tutti combattere contro i mulini a
vento - il campione argentino ha sempre manifestato una forte
antipatia per la ricca e potente famiglia Bush.
Di fatto e di
nome, Diego è stato un’anticonformista per eccellenza.
Durante la fase di riscaldamento - in casa allo Stadio San Paolo di Napoli - sono sempre presenti 50 mila, forse di più, spettatori di fede partenopea. Tutte quelle anime in pena sono in uno stato psichico di sospensione ed elevazione mistica della mente. I napoletani - da sempre sudditi al gioco del calcio - sono stretti alla corte del San Paolo per celebrare il Re del calcio con cori unisoni e marcando il tempo con il battere delle mani: “Ole Ole Ole Diego Diego. Ole Ole Ole Diego Diego. Ole Ole Ole Diego Diego”.
Il Re del San Paolo è un certo Diego Armando Maradona.
Il ragazzo d’oro si
presenta al popolo partenopeo - si racconta che Diego provenga dalle stelle e
per questo è accostato al dio principale Ra - con il pallone
incollato al piede sinistro e le stringhe delle scarpe, sempre, slacciate.
Sulle note di Life is Life di John Vass, tutto, lo Stadio San Paolo diventa una
bolgia festosa. In quelle fasi concitate, durante il riscaldamento del miglior
calciatore al mondo, in un delirio collettivo d'onnipotenza del pubblico
pagante, Diego è solito affiancare un certo Antonio de Oliveira Filho meglio
noto come Careca. Con l’asso brasiliano, Diego scambia sorrisi
di compiacimento; Antonio Careca ricambia il gesto ma solo per cortesia
- sebbene anch’egli sia un grandissimo calciatore, ma nato sulla terra - perché
non è cosa buona e giusta - anche se dotato di grande talento - salire sullo
stesso gradino degli DÈI. Meglio non scherzare con il fuoco del Vesuvio
che da sempre domina il golfo di Napoli: Maradona e' meglio 'e Pele.
Ole Ole Ole Diego
Diego
Ole Ole Ole Diego Diego
Ole Ole Ole Diego Diego
Ole Ole Ole Diego Diego
GOAL ANNULLATO
Siamo nell'anno 1985, città di Tokyo. La Juventus di Michelle Platini si gioca la Coppa Intercontinentale contro i temibili argentini dell’Argentinos Junior.
Platini riceve palla
da Bonini e, in meno di un battito di ciglio, il genio francese stravolge la
forza di gravità e la legge di gravitazione universale di Newton. Il capolavoro
di Le Roi provoca una riduzione parziale della resistenza delle cellule nervose
(i neuroni) di Nando Martellini, nonché il bravissimo giornalista della Rai: “Mauro
poi Bonini, poi Platini ha anticipato tiro e reteeee, Platini capolavoroooo!”.
Nemmeno il tempo per esultare che il goal è annullato dall’arbitro per fuorigioco passivo di Aldo Serena. Le Roi cosa fa? Un altro capolavoro ma questa volta di grande valore artistico. Un quadro en plein air ove Michelle, in una posa plastica con la testa leggermente piegata verso il basso e sorretta dalla mano destra (simbolismo dal fascino decadente sospeso tra realtà e sogno), si beffa elegantemente dell’intera terna arbitrale. Solo i grandi uomini sono dotati, dinnanzi all’ingiustizia palesata da un altro uomo, di così tanta e amabile grazia. A distanza di anni, quel goal annullato è rimasto nella storia del calcio mondiale così come un’opera d'arte di Claude Monet; e nessuno più ricorda il risultato di quella partita di calcio.
LE LACRIME DI UN
CAMPIONE
Tra i convocati della Nazionale Italiana c’è un calciatore di 34 anni, nonché
la bandiera e il capitano del Milan. Con il Club di Milano ha vinto tutto
quello che c’era da vincere sia in Italia sia in Europa. Ahimè, durante il
match d’esordio con la Norvegia, il forte difensore centrale si rompe il
crociato.
Dopo il grave
infortunio, Franco Baresi inizia una folle corsa contro il tempo. Tutto in
poche settimane, il tempo necessario in cui si svolge un Mondiale di Calcio.
Sembra il titolo di un film famoso di Hollywood. Invece è l’opera
diabolica del destino che ti presenta il conto fin troppo salato da pagare
anche se di nome e cognome fai: Franco Baresi.
Albert Einstein sosteneva che tutto è determinato da forze sulle
quali non abbiamo alcun controllo. Vale per l’insetto come per gli
atri. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una
musica misteriosa suonata da un pifferaio invisibile. Ma Einstein non
lo poteva proprio sapere: Franco è l’uomo d’acciaio e al
pifferaio magico gli fa un baffo. Allora che si fotta il pifferaio magico e,
pure, la teoria di A. Einstein. Tutto in poche settimane, il tempo
piccolo in cui si svolge un Mondiale di Calcio.
Franco va sotto i ferri, appena, 24 ore dopo il terribile infortunio. A tempo
di record - grazie a una determinazione fuori dal comune - l’uomo
d’acciaio ce la fa a ritornare in campo tra i fili d'erba, sazi
d'acqua, che oscillano al vento come il pelo di una grande bestia sul punto di
balzare sulla preda. Giusto in tempo per giocare la finalissima dei Campionati
del Mondo contro il super Brasile di Romario. Arrigo Sacchi, a cuor leggero,
decide di non poter fare a meno del suo miglior difensore. Fa la cosa giusta perché,
dopo 120 minuti di gioco, la porta dell’Italia resta inviolata, anche, grazie a
una prestazione sontuosa del miglior difensore italiano di tutti i tempi.
Si va i calci di
rigore;
E non è dai calci di rigore che si può valutare un calciatore
Il primo e l’ultimo calcio di rigore lo tirano sempre i migliori calciatori della rosa. Franco Baresi conosce bene quella regola implicita del calcio. Da grande calciatore - sebbene avesse tutte le ragioni del mondo per non farlo – Franco si dirige stremato, ma coerente, verso il dischetto di rigore…
Poi, onestamente, non ricordo più nulla di quella finale. Un vuoto di memoria totale. A pensarci bene, forse, qualcosa lo ricordo molto bene: alla fine del match, dopo i calci di rigore, avevo il cuore gonfio di Franco. L’uomo d’acciaio.
Arsenico17
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