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“Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant'anni, all'aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire”. [Zdnek Zeman]
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Calcio Nostalgico o Moderno, voi da che parte state?
Nonostante la sua continua evoluzione il calcio rimane
oggi uno degli sport più seguiti al mondo. Non esiste una ragione specifica per
cui viene amato così tanto, piace e basta così per com’è, nella sua semplicità,
nel suo modo di coinvolgere tutti indipendentemente dall’età, dal sesso, dalla
religione e soprattutto perché oggi, più che mai, lo si può seguire ovunque e
con qualsiasi mezzo oltre al fatto che per praticarlo basterebbero solamente 4
pietre e un pallone di Super Tele nel bel mezzo di una stradina di
quartiere. Eppure, c’è ancora chi pensa che giocare a calcio sia solo
il frutto di un semplice gioco dove basta tirare due calci ad un pallone per
essere un ricchissimo campione, ma per fortuna c’è chi si è opposto a
questo pensiero “primitivo” e “privo di fondamento”, come il drammaturgo
inglese John Priestley che invece lo ha sempre indicato come un grande fenomeno
social–popolare da studiare con attenzione:
Pensare che il calcio siano solo 22 mercenari che tirano calci a un pallone è come dire che un violino è solo legno e budella di gatto, e che l'Amleto è solo carta e inchiostro. Il calcio è scontro e arte
Oggi il calcio è diventato sempre più motivo di
“scontro” ma allo stesso tempo un’arte che nel tempo viene migliorata
attraverso l’affinità tecnica dei suoi protagonisti. Anche se per Prestley
scontrarsi significava sfidarsi tra avversari sul rettangolo verde per
prevalere l’uno sull’altro e per arte intendeva lo spirito di sacrificio e il
grande lavoro quotidiano che c’è dietro per diventare dei grandi atleti, oggi
il suo pensiero può essere interpretato attraverso mille sfaccettature; infatti
è prendendo spunto dalla sua riflessione che diventa interessante,
poter approfondire, un dibattito piuttosto acceso che si sta instaurando tra
chi esalta il calcio di un tempo, i cosiddetti nostalgici, e chi invece è
figlio della modernità dei tempi e ripudia, quindi, un calcio che non ha
vissuto o che non vuole più ricordare, i cosiddetti “modernisti”.
Però oggi, a differenza di un tempo, si
ha il calcio a portata di “click” o di “touch” e non più “minuto per minuto” ma
“secondo per secondo”, “attimo per attimo”, “riga per riga”, “trasmissione per
trasmissione”, “diretta web su diretta web”;
infatti non è per nulla semplice districarsi tra i milioni di siti, app,
riviste, blog, pagine Facebook, giornali e chi più ne ha più ne metta per
restare costantemente aggiornati. Veniamo continuamente bombardati dal calcio e
nel mare magnum di mediocrità a cui purtroppo, in alcuni casi, siamo costretti
a dover assistere, diviene sempre più difficile trovare chi tratta e parla di
calcio in maniera seria, professionale e soprattutto competente.
Eppure i grandi “soloni” che scrivono e parlano di
”pallone”, nonostante le milioni di righe stese su PC e giornali e le
tantissime dirette web e televisive, tendono ad escludere con
insistenza l’argomento nostalgia dai loro radar, additandolo come al
vero nemico del calcio moderno; per loro è come se si trattasse
solamente di una forma di rigetto verso la modernità, un inutile sentimento di
amorevole passione per un passato a cui rimane aggrappato solo chi è incapace
di comprendere il complesso meccanismo dell’attuale sistema calcio.
Un mondo del pallone in cui i “nostalgici” non
riescono più a sentirsi a proprio agio a differenza dei modernisti che ci
sguazzano dentro vista l’enorme quantità di partite spezzettate a cui possono
assistere, con un semplice click e senza muovere nemmeno un piede da casa,
rimanendo, quindi, comodamente seduti sul proprio divano. Diventa quindi
normale, tra i “nostalgici”, che attorno a questo argomento tabù, poco trattato
dai media, si pongano alcuni interrogativi, per i quali attendono delle
risposte che non arrivano:
- Perché è così sbagliato sentirsi come una pallina
da ping pong continuamente sballottati da un calendario in perenne
cambiamento, in grado di spalmare 10 match in tanti orari diversi
e in 4 giorni differenti?
- Perché non ci si può sentire liberi di essere dei
corpi estranei a un gioco che ha perso gran parte della
sua imprevedibilità per via del calcio spezzatino?
- Perché non ci si può sentire esclusi da un
sistema che anche prima della pandemia, tramite il rincaro dei biglietti e
una progressiva evoluzione degli stadi, ha costretto quasi tutti a
rimanere sul divano facendo perdere la gioia e la trepidazione di
vivere una partita dagli spalti, che oggi rimangono sempre più vuoti?
- Perché sarebbe un problema dire che ci si sente
sempre meno rappresentanti da questi calciatori che della loro “instabilità”
contrattuale ne hanno fatto oramai una questione di principio, girando il
mondo alla continua ricerca del migliore offerente?
Infatti, se oggi il calcio è diventato principalmente
un business, le “colpe” semmai sono sempre riconducibili ad eventi accaduti
proprio nel passato e soprattutto nel calcio della “mia” epoca, proprio quando
la Serie A era il campionato migliore del mondo e faceva incetta dei migliori
talenti provenienti da tutto il globo terrestre. Per questo credo che un po’ di
quella sana nostalgia che c’è in tutti noi non può essere un nemico della
modernità a patto però che l’argomento venga trattato in maniera seria e
costruttiva poiché altrimenti si rischierebbe di cadere solo in futili luoghi
comuni che non portano mai a nulla di buono. L’argomento nostalgia
dovrebbe quindi essere uno stimolo in più per andare alla ricerca delle
motivazioni per cui oggi questo calcio non viene reputato, da una
parte dei tifosi, all’altezza di quello di un tempo e per capire perché
l’Italia calciofila moderna abbia un così enorme gap da dover colmare con la
stragrande maggioranza delle squadre europee.
Francesco Indelicato
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