
Steven Gerrard è stato un grandissimo
campione, un fuoriclasse assoluto, uno di quei centrocampisti che si faceva
apprezzare per il suo grande carisma da leader trascinatore ma
soprattutto per la sua tecnica ed eleganza sopraffina, uno di quei giocatori
che sapeva come poter fare la differenza, in mezzo al campo, e non
solo con un pallone tra i piedi. Ha deciso di affidare il suo cuore e il suo
destino, calcisticamente parlando, ad un unico grande club come il Liverpool
che lo ha accolto come una mamma farebbe con il proprio figlio. Tante sono
state le vittorie come tante sono state anche le sconfitte nel corso della loro
lunga storia passata insieme, un amore così grande che “Stevie G” ha sempre
ricambiato con il sudore delle mille battaglie combattute per quella magica
maglia. Lui che l’ha guidata, per oltre un decennio, da capitano, lui che ne ha
rappresentato un simbolo dentro e fuori dal campo, lui che è uno dei figli
della contea del Merseyside, nato a cresciuto a Winston, a soli 13 km, a est,
dal centro di Liverpool, lui che ha giurato amore eterno ai “reds” anche
quando le “tentazioni “di altri club si facevano sempre più forti. Eppure,
Steven dall’alto della sua “aurea mistica” di grande campione nonostante i
tanti trofei conquistati, porta ancora con sé un “peso” fin troppo grande da
poter lasciar andare a cuor leggero. Un sogno a lungo inseguito e più
volte sfiorato ma che mai, inoltre vent’anni di carriera da giocatore, è
riuscito a raggiungere con indosso quella gloriosa maglia: la vittoria
della Premier League. L’ex numero 8 dei red’s dovrà convivere per
sempre con quel rammarico e verrà ricordato, come colui che ha
quasi vinto la Premier ma che di fatto non ci è mai riuscito proprio
come avvenne in quel beffardo 27 aprile del 2014, a tre giornate dal termine
del campionato, davanti al suo pubblico, contro il Chelsea di José
Mourinho. Una partita molto più difficile di quanto lo
stesso “Stevie G”, potesse immaginarsi e in cui la sconfitta non era
assolutamente contemplata. Poi però ci si è messo di mezzo il destino ed è
intorno al 48’ del primo tempo, nel terzo minuto di recupero, che accade
l’imprevedibile; Mamadou Sakho sulla linea di centrocampo, passa il
pallone proprio a Gerrard, che ignaro del pericolo alza la testa per
prepararsi a riceverlo, pronto a far ripartire l’azione dei suoi
compagni. Di quei palloni, in 700 e passa partite in carriera, ne
avrà stoppati a bizzeffe, ma gli Dei del calcio, in quel giorno speciale,
decisero al posto suo, impedendogli di fermare proprio quel pallone, uno dei
più importanti della sua carriera, uno di quelli che non puoi permetterti di
sbagliare da capitano del Liverpool.
Steven, però, liscia l’aggancio e scivola, si rialza
di scatto lanciandosi verso un inutile rincorsa al suo avversario, Demba Ba,
ormai lanciato a rete tutto solo davanti a Mignolet. I blues segneranno il gol
dello 0-1 e raddoppieranno quasi alla fine del match ma per i tifosi
sarà sempre Gerrard, con il suo “scivolone”, ad essere, anche, ricordato come il
capitano che ha regalato, di fatto, il titolo ai grandi rivali del Manchester
City. “Stevie G”, insomma, è diventato una leggenda del calcio
anche per le vittorie che non è riuscito a raggiungere, non solo con il
Liverpool ma soprattutto con la sua nazionale dove il rammarico sarà
sempre presente per un giocatore come lui.
La vita però mette davanti
ad ognuno di noi sempre tante occasioni e anche se oggi ha smesso di giocare è
diventato un allenatore, di ottima prospettiva, che vuol fare di tutto per
realizzare il suo più grande sogno: guidare, ancora una volta, il Liverpool e i
suoi tifosi verso nuovi successi.
STEVEN GERRARD IL “BRAVEHEART” DI LIVERPOOL
Steven Gerrard da allenatore è quasi passato inosservato nonostante il suo
grande passato da leggenda del calcio internazionale. Dopo due anni, trascorsi nell’Accademy
del Liverpool, da allenatore delle giovanili, un po’ con stupore, nel
2018, viene assunto come manager di una delle squadre più gloriose di Scozia: i
Glasgov Rangers. Nessuno si sarebbe aspettato un passo così importante
da parte di “Stevie G” e non perché non ne fosse all’altezza ma semplicemente
perché non aveva ancora avuto una vera e propria esperienza da allenatore, a
360 gradi, in un club. La chiamata dei Rangers, sotto questo punto di vista, è
stata una vera e propria sorpresa per una piazza così importante ma non per lui
che la prese sin da subito come una grande occasione:
Quando ricevetti la chiamata dei Rangers, presi una decisione di pancia.
Sentì subito una sensazione differente allo stomaco, rispetto a quando avevo
ricevuto altre opportunità. Ebbi subito un sentore che qualcosa di speciale
stava accadendo e che i Rangers erano la squadra perfetta per me.
Queste le sue parole nel giorno della presentazione alla stampa da nuovo
allenatore dei “Gers”. Certo un ex grande talento del calcio inglese che va ad
allenare su una panchina scozzese fa comunque scalpore soprattutto se la sua
scelta è ricaduta su una delle squadre più gloriose di Scozia nonché la
principale antagonista dei pluricampioni, cattolici, del Celtic Glasgow. Quando
Gerrard arrivò in Scozia, infatti, i Rangers erano un club nel pieno della
loro rifondazione, dopo aver superato, ripartendo dalla quarta serie scozzese,
il periodo più buio della loro storia a causa del grave
fallimento avvenuto nel 2012. Dopo una rapida risalita in Scottish Premiership,
nel giro di poche stagioni, l’obiettivo prefissato dai Rangers fu quello
di ridurre l’enorme gap, accumulato, con gli acerrimi rivali del Celtic, per
cercare di interrompere la loro lunga egemonia di titoli nazionali che
proseguiva da quasi un decennio. Un progetto chiaramente ambizioso che il
presidente dei “Gers” Dave King voleva proporre ad un allenatore che sapesse
interpretare, perfettamente, il significato del sacrificio della ricostruzione
e Steven Gerrard, in quel momento, era l’uomo giusto per questo tipo di sfida,
dopo due anni di terzi posti edi umiliazioni subite dal Celtic ad ogni singolo
“old firm”.
Un progetto che poteva sembrare piuttosto illusorio davanti ad una così
evidente inferiorità ma fin da subito per “Stevie G”, l’obiettivo prefissato è
stato uno e uno soltanto:tornare ai vertici del calcio scozzese riportando i
Rangers al loro posto d’origine riuscendo, nello stesso tempo, a stupire anche
in Europa. Si trattava certamente di un cantiere aperto ma Gerrard,
sin da subito ha riversato tutta la sua esperienza di grande giocatore e la sua
voglia di emergere da manager su questo ambizioso progetto. Ha avuto delle idee
molto chiare a partire dal suo staff; infatti, scelse come suoi collaboratori
uomini di fiducia, conosciuti già ai tempi delle giovanili del Liverpool, come
Gary Mcallister e Michael Baele che lo aiuteranno moltissimo nel corso del suo
triennio scozzese. Dal punto di vista tattico i due anni passati
nell’accademy del Liverpool difficilmente potevano non convincerlo
nell'adottare le idee calcistiche di un maestro come Jurgen Klopp. Infatti,
nel corso delle stagioni sotto la guida dell’ex capitano del Liverpool, i blu
di Ibrox faranno della pressione e dell’intensità, in fase di transizione e di
non possesso, uno dei loro principali cavalli di battaglia del suo 4-3-3. In
poco tempo gli uomini di Gerrard, cambieranno radicalmente l’approccio delle
partite rispetto a quello adottato dal suo predecessore Graeme Murty;
così facendo i “Gers” miglioreranno nella fase difensiva, arrivando a subire,
pochissime reti, appena 27, in campionato rispetto alle 50 della stagione
precedente.
I buoni risultati durante il suo primo anno lo portano a raggiungere il secondo
posto in campionato a sole nove lunghezze dai rivali bianco verdi non andando,
però, oltre i gironi di Europa League. Nel suo secondo anno Gerrard riesce a
migliorarsi ancora, nonostante il covid, la sua impronta è sotto gli occhi di
tutti, infatti l’intensità della squadra, nel corso delle partite,
migliorerà diventando però più ragionata e basata principalmente sul
veloce recupero della palla. Ottiene ancora un secondo posto in campionato e
riesce a raggiungere gli ottavi di Europa League uscendo sconfitto contro i
tedeschi del Bayer Leverkusen. Ma il terzo anno è quello della svolta,
“Stevie G” riesce a vincere il campionato scozzese con sei giornate di anticipo
riportando un titolo che mancava dall’anno del fallimento, 2012, interrompendo
così la lunga striscia di nove campionati di fila vinti da parte del Celtic.
Un’impresa storica, a cui vanno riconosciuti i grandi meriti di Steven Gerrard,
infatti, il tecnico inglese è cresciuto insieme ai suoi giocatori integrandosi
alla perfezione all’interno dell'ambiente scozzese ma soprattutto ha creato un
gruppo solido, compatto, affiatato con una squadra bella e vincente fatta a sua
immagine e somiglianza. Lo ha fatto portando a Glasgow moltissimi
giocatori sia di esperienza, come Jermain Defoe, che giovani promettenti in
rampa di lancio come Ianis Hagi, Borna Barisic e Filip Helander. E’
riuscito a convincere della bontà del progetto attraverso i suoi metodi anche
diversi giocatori già presenti in rosa sin dai tempi del fallimento e non, come
i veterani di vecchia data Allan McGregor e Steven Davis ma soprattutto
James Tavernier trasformandolo, con il suo gioco, nel terzino che ha segnato di
più in tutta Europa. Insomma, un vero e proprio capolavoro targato
Steven Gerrard il “braveheart” di Liverpool.
IL RITORNO IN PREMIER
Dopo questo importante successo Steven Gerrard si conferma un allenatore pronto
a farsi apprezzare anche dai vertici del calcio mondiale. Sulla leadership e sul suo modo di gestire un gruppo
c’erano, pochissimi dubbi, ciò che invece risalta di più anche agli occhi degli
scettici è stata la capacità di Stevie G di aver mostrato
un’idea di calcio con un’impronta chiara, decisa e ben
definita come se si trattasse di un allenatore veterano. Però il bello comincia
adesso, dopo tre stagioni infatti pone fine al suo regno di Scozia con i
Rangers dopo un totale di 193 partite disputate, in tutte le competizioni, 125
vittorie. 42 pareggi e sole 26 sconfitte, per accettare, in corsa, la panchina
dell’Aston villa. La vera sfida per lui d’ora in poi sarà quella del
grande ritorno in Premier League dove tutto è cominciato; certo
confermarsi in un campionato molto più competitivo come quello inglese rispetto
alla più “semplice” premiership scozzese, sarà un’impresa molto ardua
soprattutto per una squadra che sta lottando per non retrocedere come i
“villans”.
Però Stevie G. ha dimostrato di essere un allenatore con
della stoffa ed ha già bagnato il suo esordio in Premier con una vittoria ma
soprattutto è motivato a realizzare il suo più grande sogno, quello di vincere
la Premier League esultando sotto la Kop come ha già fatto in passato da
capitano. Nonostante le smentite di rito dello stesso Gerrard su un suo
possibile futuro per il dopo Klopp, in cuor suo la voglia di ritornare a “casa”
per risentire i suoi tifosi cantare “You'll never walk alone” è sempre più
forte perché il Liverpool e Liverpool saranno sempre lì ad aspettarlo pronti a
riaccoglierlo a braccia aperte per rivivere insieme la loro infinita storia
d’amore.
Gira voce in Inghilterra che: “La gente di Liverpool ama solo 4
cose: i red’s, Steven Gerrard, la birra e poi la moglie”
Francesco Indelicato
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