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“Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant'anni, all'aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire”. [Zdnek Zeman]
IN PRIMO PIANO
Luciano Spalletti è il vero oro 💰 di Napoli!
Non è stata un’estate semplice, per il Napoli che ha dato
il via a una vera e propria rivoluzione tecnica. Come poter dimenticare l'addio
tribolato di Lorenzo Insigne, o quello passato sotto traccia di un leader silenzioso
come David Ospina, o quello di un figlio adottivo di Napoli come "Ciro" Dries
Mertens, per non dimenticare la dolorosissima cessione di Koulibaly ai
londinesi del Chelsea. Per non parlare delle contestazioni al Presidente De Laurentiis,
la quasi cessione di Meret per lasciar spazio al più esperto Keylor Navas, poi
saltato, e le super critiche dei tifosi azzurri per gli acquisti di Simeone e
Raspadori, non ritenuti all’altezza dei loro predecessori. Eppure oggi
vedendo questo Napoli sinfonico e melodico, dieci vittorie consecutive in
campionato, nessuno riesce davvero a guardarsi indietro per pensare a quella
terribile tempesta da cui tutto ha avuto inizio. Ma se Giuntoli e De
Laurentiis hanno avuto il coraggio di fare delle scelte dolorose in cambio di investimenti
oltremodo coraggiosi prendendosi oneri e onori, un uomo solo ha il grande
merito di aver fatto volare letteralmente questo Napoli sul campo: Luciano
Spalletti. Ce lo siamo chiesti tante volte nel corso della sua carriera ma
chi è davvero l’allenatore di Certaldo? È Colui che va alla ricerca del silenzio
interiore anche negli stadi più rumorosi facendo ampi segni di disapprovazione
davanti ai cameraman oppure è colui che si ferma in quei lunghissimi istanti a
bordo campo con lo sguardo immerso nel vuoto cercando di trovare la giusta concentrazione
per risolvere un problema tattico o per mantenere la calma nel bel mezzo di un
impeto di rabbia? Oppure è quello capace di sorbirsi di tutto e di più in
silenzio, prendendosi anche delle colpe che non ha per poi ripresentarsi in
panchina, tirato a lucido, come se niente e nessuno lo avesse scalfito o è
anche quell’uomo con un lato umano che parla nostalgicamente della sua Toscana e
che, più che volentieri, va a prendere caffè con qualche giornalista e tifoso?
Uno, tutti e nessuno questo è Luciano prendere o lasciare. Sarete d’accordo
anche voi nel dire che per diverso tempo Spalletti è finito al centro di un
grandissimo paradosso. Perché c’è stato un periodo in cui uno dei migliori allenatori
italiani veniva molto spesso ricordato solo per cose a dir poco irrispettose
che con il calcio giocato forse avevano poco o nulla a che fare. Basti pensare
ad alcune sue storiche conferenze stampa o interviste post gara che per anni
sono diventate dei veri e propri video virali su YouTube come le testate contro
la scrivania, la sbroccata al bordocampista russo che gli parlava di emozione,
i litigi con Panucci sul mancato utilizzo di Dzeko in campo o quelle con Fabio
Caressa sulla vicenda Francesco Totti. Eppure i meriti del tecnico toscano, in
qualsiasi squadra che abbia allenato nell’arco della sua carriera sono tanti e davvero di numero indefinito. Sia in termini
di risultati ottenuti, sia per le innovazioni
tattiche che ha saputo introdurre, per
non parlare delle grandi opere di ricostruzione di ambienti afflitti che è
riuscito a posare in opera. Luciano Spalletti non ha
mai vinto un campionato in Italia questo è risaputo ma in compenso lo ha fatto
in Russia per due volte, alla guida dello Zenit ma nel Belpaese forse ben pochi
sanno che detiene un piccolo grande primato infatti è il tecnico con il maggior
numero di piazzamenti ottenuti in zona Champions tra quelli che non sono mai
riusciti, in carriera, a vincere uno scudetto nel nostro campionato: ben nove,
uno con l’Udinese, cinque con la Roma, due con l’Inter, uno con il Napoli e tra
l’altro molte volte con squadre che di grande avevano soltanto il nome. Spalletti
anche se tanti lo vogliono far passare come un “perdente di successo”, rimane
dunque un allenatore di vertice e con delle idee tattiche più che vincenti
soprattutto in un’epoca come questa, in cui gli introiti della Champions League
per le società rappresentano un obiettivo ben più importante, alle volte, della
vittoria di un trofeo, dunque ecco spiegato il suo paradosso con cui è costretto
a convivere: quello che per i tifosi non
ha alcuna importanza rappresenta invece per i presidenti una notevole risorsa.
La consapevolezza di metterti in casa un allenatore che magari non vincerà trofei
nell’immediato, ma che nonostante tutto ti garantisce un piazzamento in Champions
League, vale più di tante chiacchiere che porta via il vento come accade in ben
altri ambienti che Luciano tra l’altro conosce molto bene. Ma come dicevamo precedentemente
il tecnico toscano è soprattutto un grande allenatore nel vero senso della parola
basta guardare indietro e pensare a ciò che fece con i giallorossi, andando vicino nel vincere, più di una volta,
un campionato contro un’Inter decisamente più forte sotto tutti i punti di vista.
Poi, dopo essere tornato da vincente dalla Russia, ha riportato l’Inter in Champions League,
per due anni di fila, consegnando
di fatto ad Antonio Conte una squadra pronta per vincere come farà successivamente. Una
delle sue più grandi doti
è quella di saper spingere i suoi
giocatori oltre le loro possibilità alle volte anche a prescindere dal loro ruolo
originario. Una delle più grandi intuizioni tattiche della sua carriera
avvenne nel dicembre del 2005. Una Roma che
veleggiava nei bassifondi della classifica, affrontava in trasferta la
Sampdoria. I giallorossi, di fatto, non avevano centravanti disponibili, l'unico
abile e arruolabile era il giovanissimo Stefano Okaka, 16 anni e 4 mesi
all’anagrafe. È qui che Spalletti ebbe un assoluto colpo di genio: Totti unica
punta e Simone Perrotta da trequartista atipico nel 4-2-3-1. Fu una genialata in grado di fruttare
undici vittorie di fila, trasformando il
Capitano in un bomber di razza, in grado di mettere le ali ad una Roma che diventerà
una delle squadre più belle e spettacolari dell’ultimo ventennio. Ma non è finita
qui infatti quando tornerà a Roma, 7 anni dopo, Spalletti trasformerà Nainggolan in uno dei centrocampisti
più forti d’Europa e del campionato. Si inventerà Diego Perotti da centravanti,
darà una nuova linfa e vitalità a Emerson Palmieri trasformandolo da oggetto misterioso
a terzino di valore europeo, e avrà anche il merito di far migliorare un grandissimo
talento come Momo Salah. All’Inter invece prende Brozovic, vittima con i suoi predecessori
di un inconveniente tattico, e ha il coraggio di schierarlo da regista davanti
alla difesa, trasformandolo in uno dei migliori
centrocampisti d’Europa. Oggi invece l’uomo di Certaldo è ripartito da Napoli.
Quella che quest’anno doveva essere la stagione del ridimensionamento si sta
rivelando essere un’evoluzione del suo precedente lavoro grazie ad una squadra
dal talento incredibile. Oggi il Napoli sembra un' orchestra che suona magnificamente
il suo spartito seguendo il suo “direttore” ad ogni singola nota. Però allo stesso
tempo non bisogna dimenticare come
Il terzo posto dello
scorso anno, arrivato dopo un inizio di stagione in cui gli azzurri sembravano
di un altro pianeta, è stato percepito da tanti come un grande fallimento, perché
gran parte dei tifosi azzurri, dopo le sconfitte con la Fiorentina, con la Roma
e con l’Empoli soprattutto lo volevano lontano da Napoli con Vincenzo Italiano pronto
a prendere il suo posto. La memoria è corta e ora sono tutti bravi a salire sul
carro però bisogna chiedersi, prima dell’avvio del campionato, avremmo mai potuto
effettivamente pronosticare un Napoli da scudetto? Avreste mai puntato un centesimo
sulla trasformazione di Lobotka e Anguissa da riserve di lusso a uomini fondamentali?
Avreste puntato un centesimo sull'esplosione di Giacomo Raspadori oppure sulla solidità
difensiva di Kim e Rahmani per non parlare di Mario Rui? Probabilmente no e dunque
il merito, oltre che dei nuovi acquisti e del rilancio di chi già c’era, è forse
di un allenatore come Luciano Spalletti che riesce ad abbinare alla visione
al pragmatismo, all’acume tattico anche grandi silenzi, improvvise reazioni veementi
a chi lo stuzzica e in grado di dividere le opinioni di stampa oltre e tifosi
come pochi altri allenatori nella storia recente del nostro calcio. Un vero e
proprio mistero “freudiano” che abbiamo iniziato a conoscere 25 anni fa quando
ha mosso i suoi primi passi da tecnico e del quale, probabilmente,
non sappiamo davvero ancora nulla. Ma rimaniamo sicuri di una cosa e stiamo imparando
a conoscerla quest’anno: Luciano Spalletti è l’oro di Napoli su questo i dubbi
rimangono davvero pochi.
#Napuleè
Francesco Indelicato
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