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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

Dall'ossessione Champions al "fallimento" Ronaldo, dal disastro finanziario alle vicende giudiziarie... Dimissioni giuste?

 


"Vincere non è importante è l'unica cosa che conta" Giampiero Boniperti.

Una frase chiara, diretta, precisa e senza possibilità di essere confusa o mal interpretata. Nel corso degli anni è divenuta più di un "motto", un marchio di fabbrica, una vera e propria "responsabilità" nei confronti di chi entra a far parte del mondo bianconero. Un modo di essere, un simbolo della vera juventinità, una sorta di rito "iniziatico" che ha sempre messo addosso grande pressione a tutto l'ambiente bianconero tant'è che nessuna maglia "pesa" come quella della Juventus in serie A; chi la indossa è chiamato a dare sempre il massimo oltre a doversi sacrificare per un bene comune: il raggiungimento della vittoria ad ogni costo e con ogni mezzo possibile. Ma nel corso dell’ultimo quadriennio questo motto è stato ampiamente sconfessato tant’è che l'amarezza e lo sconforto del tifoso bianconero si percepiscono a pelle soprattutto in questi giorni di fuoco dove il Presidente Andrea Agnelli e tutto il suo cda hanno rassegnato le dimissioni. Una scelta, quella di Agnelli e dei suoi uomini, che era nell’aria, per certi versi "drammatica", per altri “liberatoria”, insomma un boccone amaro difficile da mandar giù in così poco tempo e senza nessuna apparente spiegazione. A distanza di giorni, da questo fulmine a ciel sereno, non si riescono tutt'ora a concepire le vere ragioni per cui una società  del livello della Juventus sia arrivata a questo punto dopo i primi anni come modello da seguire; ci si interroga su quali possano essere le possibili cause per cui i bianconeri versano da anni in queste acque tumultuose ma in realtà venirne a capo per individuarne i  colpevoli è davvero più complicato di un enigma matematico. Difficile analizzare con lucidità e razionalità ciò che è accaduto alla squadra e alla società in questi ultimi anni ma dopo essermi preso qualche giorno di riflessione e aver lasciato svanire lo sgomento del momento adesso è tempo di analizzare a "mente fredda" da dove parte l’inizio del disastro bianconero.

TRA CASUALITÀ E ARROGANZA UN' OSSESSIONE CHIAMATA CHAMPIONS LEAGUE
 
Le eliminazioni con il Porto, Lione e l’esclusione di quest’anno addirittura nella fase a gironi sono soltanto delle piccole gocce che hanno fatto traboccare un vaso già frantumato in mille pezzi. Sono almeno quattro anni che la squadra bianconera ha smesso di essere competitiva nelle coppe europee e le vittorie degli ultimi due scudetti, di cui uno molto sofferto, hanno soltanto indotto i dirigenti bianconeri a peccare di "superbia" e sentirsi, in qualche maniera, "invincibili" per via della lunga serie di titoli consecutivi messi in bacheca. Una casualità nelle scelte che ha portato a delle evidenti lacune nella costruzione della rosa degli ultimi anni e uno sfascio totale nella presentazione dei conti all’interno dei bilanci. Lo aveva fatto presente già Allegri alla fine della prima stagione con Ronaldo, nel 2019, ed è stato silurato in tronco per via del suo "calcio pragmatico" ritenuto oramai insufficiente per trionfare in Europa. Lo aveva fatto presente anche il buon Sarri quando diceva che occorrevano determinate tipologie di calciatori per poter far esprimere al massimo il suo credo calcistico, motivo per cui era stato preso, ma anche lui è stato fatto fuori prima dai "senatori" e poi dalla società dopo la cocente eliminazione subita in Champions contro il Lione. Così si è deciso prepotentemente di puntare su un allenatore inesperto come Andrea Pirlo, presentato il giorno prima da allenatore dell’under 23 e poi il giorno dopo come allenatore della prima squadra e sappiamo tutti come è andata a finire. Certo gli errori partono da lontano ed esattamente dal 2017 dopo la finale di Cardiff persa malamente contro il Real Madrid di Ronaldo, dopo quella stagione, infatti, andava fatta una vera e propria rivoluzione o un restyling in alcuni punti focali della rosa ma si è deciso di andare avanti con la convinzione di poter finalmente raggiungere quel sogno, soltanto sfiorato, chiamato Champions League. Così, purtroppo, non è stato, la Juventus dopo quella notte ha smarrito se stessa inseguendo un trofeo divenuto una vera e propria ossessione più che un obiettivo, altrimenti non si spiegherebbero determinate scelte più che azzardate come quelle fatte negli ultimi anni. L'inseguimento a questo prestigioso trofeo ha fatto perdere completamente la bussola e il grande lavoro, splendidamente compiuto lungo questo grande cammino, è andato sperperato, abbandonando quella progettualità che aveva contribuito a rendere la Juventus una delle squadre più forti d'Europa. Lo "stile Juventus" è andato letteralmente a farsi benedire, le scelte illogiche compiute in funzione di questa competizione hanno mandato in tilt l'intero sistema bianconero: tre allenatori in tre anni, rosa corta e incompleta, monte ingaggi triplicato, buco di bilancio con debiti per quasi quattrocento milioni di euro e con un rosso di 250, infine, ciliegina sulla torta, la scelta di riprendere un allenatore che si era cacciato, tre anni prima, con un contratto folle di quattro anni per la modica cifra di sette milioni di euro netti a stagione, che fino adesso non ha portato ai risultati sperati facendo peggio delle due precedenti gestioni. Quando l'arroganza e la casualità sono al servizio del potere questo è quello che accade è inutile sorprendersi!

IL "COLPO DEL SECOLO" CRISTIANO RONALDO SICURI CHE SI TRATTI DI UN FALLIMENTO?
 
Chiaramente dopo questi enormi passi falsi e la situazione drammatica da un punto di vista economico – finanziaria della società bianconera, non poteva non finire sul banco degli imputati Cristiano Ronaldo ritenuto il principale colpevole e fautore di tutti i mali della Juventus degli ultimi quattro anni. Da quando è arrivato nell'estate del 2018 non si è fatto altro che parlare di lui, definito come "il colpo del secolo" è stato preso con un compito specifico: riportare la Champions a Torino dopo 24 anni d’attesa è inutile girarci attorno. Purtroppo non ci è riuscito ma nessuno da solo può fare miracoli in questo calcio senza una squadra forte e pronta a seguire il suo leader, chiedere a Lionel Messi per conferma. Ronaldo non può essere definito un fallimento semmai si potrebbe discutere sulla bontà o meno dell'operazione economica, come già accaduto in società visto l’allontanamento di Marotta contrario al suo acquisto sin dall'inizio, ma sul giocatore francamente non c’è nulla da dire, i numeri parlano chiaro e sono assolutamente dalla sua parte con 101 reti in 134 presenze in meno di quattro anni. Gol fondamentali per la vittoria degli ultimi due scudetti e delle due supercoppe italiane, che non so se la Juve avrebbe vinto ugualmente senza di lui, quindi andiamoci piano con il definirlo un fallimento. I fallimenti sono altra cosa vi invito, se non lo avete già fatto, a leggere i miei pezzi sui bidoni degli anni novanta e duemila quelli sono dei veri e propri fallimenti altro che Cristiano Ronaldo. L’asso portoghese il suo dovere l'ha sempre fatto nel suo triennio bianconero, anche quando la Juventus è stata eliminata contro Ajax e Lione, il suo timbro l’ha messo comunque, nei match decisivi è vero ha sbagliato entrambe le partite con il Porto ma ci si dimentica spesso che aveva 36 anni, che c’era una pandemia in corso e che tutta quella stagione l’ha giocata praticamente senza fermarsi mai perché in rosa non esistevano attaccanti nella rosa in grado di sostituirlo, pensiamo bene alle parole da dire prima di dare fiato alla bocca con certe affermazioni, altrimenti si rischia di cadere solamente nel ridicolo. Personalmente, sono molto felice di aver avuto Ronaldo in squadra è stata una goduria unica poterlo ammirare in campo con la maglia bianconera, dispiace non essere riusciti a vincere la champions neanche con il giocatore più forte del mondo, per il quale passeremo alla storia, fidatevi chi ha fallito non è Ronaldo ma chi non è stato in grado di costruirgli una squadra all’altezza del suo nome.

UN ADDIO AMARO MA NECESSARIO

Andrea Agnelli, da pochi giorni, non è più il presidente della Juventus, un addio amaro come forse non avrebbe mai immaginato nemmeno lui dopo undici anni di vittorie che rimarranno per sempre scolpite nella storia della Juventus. Un addio figlio di decisioni folli, di estrema fiducia negli uomini sbagliati e forse  soprattutto di quell’estremo desidero di portare la Juventus ad essere allo stesso identico livello delle più grandi squadre d’Europa. Un desiderio che forse sarà pagato a caro prezzo soprattutto a livello personale se le vicende giudiziarie, di cui non parlerò, e le accuse pesanti che gli sono state rivolte in tema di alterazione dei bilanci, dovessero rivelarsi vere e con un principio di fondamento. Nessuno attualmente può sbilanciarsi su quello che avverrà senza farti tangibili, a parte gli antijuventini che riversano odio e sentenze come se fossero pm della magistratura, ma non c’è assolutamente alcun dubbio che un fondo di verità ci possa anche essere e che di conseguenza degli errori sono stati commessi da lui in prima persona e poi dai suoi uomini di fiducia. Le dimissioni in blocco dell’intero CDA, non sono assolutamente casuali come non lo sono l’ingresso di Gianluca Ferrero, neo presidente della Juventus, e Maurizio Scanavino, nuovo direttore generale, in quanto questi ultimi sono uomini della Exor chiamati in causa da Jhon Elkann per poter difendere la Juventus nelle sedi opportune sposando una linea più morbida rispetto al muro contro muro a cui voleva fare ricorso il cugino Andrea Agnelli soprattutto nei confronti della Consob ovvero l’organo di vigilanza per le società quotate in borsa. Una situazione incresciosa che ha fatto scagliare tutti contro la Juventus, dagli addetti ai lavori agli organi della carta stampata, da esponenti della liga Spagnola, ci vuole coraggio a fare certe prediche, al board della Uefa, per non parlare degli avvocati, commercialisti, tifosi e chi più ne ha più ne metta.. ovviamente tutti con un unico comune denominatore: colpire la Juventus e se possibile eliminarla dal calcio ancor prima di sapere se sarà giudicata colpevole o no dei reati che gli sono contestati. Un atteggiamento vergognoso in cui non mi voglio addentrare e in cui la Juventus ha comunque promesso, in un suo recente comunicato, di non restare con le mani in mano ma di agire contro chi vuole colpire la Juventus anche solo per partito preso. Io non so se la Juve e i suoi uomini saranno giudicati colpevoli ma a prescindere da tutto e tutti mi sento, da tifoso, in dovere di ringraziare Andrea Agnelli per il sogno che ci ha fatto vivere, mi sento di ringraziarlo per aver permesso ad uno dei giocatori più forti del mondo di poter indossare la maglia della Juventus, mi sento di ringraziarlo per dove ci ha portato dopo averci preso da uno dei periodi più bui della nostra storia e soprattutto mi sento di ringraziarlo perché qualsiasi decisione, nel bene o nel male, l’ha presa per il forte amore che nutre nei confronti dei colori bianconeri e quindi penso che per lui le dimissioni saranno state un atto doveroso, necessario ma soprattutto doloroso per un uomo come lui cresciuto a pane e Juventus: in una parola sola grazie presidente.

PROGETTARE IL FUTURO PARTENDO DAL PASSATO
 
Quando di solito la Juventus passa dei periodi difficili, soprattutto sul campo, viene sempre chiamata in causa dai tifosi bianconeri la super formazione vincente del 1996 che riuscì a sollevare, nel cielo di Roma, l'ultima Champions League della sua storia. Ma è vedendo quella squadra che ritorna in mente un qualcosa che oggi non esiste più, quel senso di juventinità, attaccamento alla maglia, voglia di stupire il Mondo e soprattutto il "sangue" agli occhi ogni qualvolta si scendeva in campo contro qualsiasi avversario. Eppure se si guarda per bene quella squadra, campione di tutto, quanti erano i veri e propri fuoriclasse? Quella formazione andrebbe fatta rivedere a Cherubini, Arrivabene, Pavel Nedved e soprattutto ad Andrea Agnelli perché perlopiù era composta da "gregari", da veri e propri "soldati" disposti a tutto pur di sacrificarsi per la squadra e per il suo allenatore inseguendo la vittoria in ogni modo possibile: altri tempi, altro calcio e soprattutto un'altra Juve, bellissima e vincente come non mai. Ecco è partendo dal passato, alle volte, che si può costruire un grande futuro e la Juventus attuale se messa a confronto con la Juventus campione d'Europa 96 non ha nessuno soldato con cui "combattere", tante prime donne e giocatori poco propensi a seguire il proprio allenatore fino alla "morte" e aggiungiamoci il fatto che Max Allegri, per quanto sia un ottimo allenatore, con tutto il rispetto non ha assolutamente niente a che a vedere con Marcello Lippi, nonostante lo abbia superato in numero di vittorie nella storia bianconera. Un confronto che non regge nella maniera più assoluta ma che comunque sarebbe da prendere come punto di riferimento per il futuro perché quella Juventus ha dimostrato che con i "soli" fuoriclasse non si può andare da nessuna parte. Nemmeno i più grandi comandanti della storia avrebbero potuto vincere le battaglie senza i loro più "feroci guerrieri" e la Juve del futuro ha propriamente bisogno di "combattenti', di gente disposta a tutto per raggiungere la vittoria ed è infatti da giocatori come Federico Chiesa che la Juventus deve ripartire se vuole tornare a vincere nel più breve tempo possibile. Il giovane attaccante bianconero incarna lo spirito e l’atteggiamento giusto che deve essere messo sul campo, chi indossa quella maglia deve sudare e “sputare sangue” per poter raggiungere i traguardi futuri perché solo quando hai combattuto e dato tutto quello che avevi non puoi rimproverarti nulla anche quando cadi al tappeto.
Chiudo con questa frase molto significativa per il momento bianconero, buona lettura:
 
Bisogna chiudere i cicli non per orgoglio, per incapacità o superbia: semplicemente perché quella determinata cosa esula ormai dalla tua vita. Chiudi la porta, cambia la musica, pulisci la casa, rimuovi la polvere. Smetti di essere chi eri e trasformati in chi sei (Paolo Coelho)".
 
Sempre fino alla fine, forza Juventus!

Indelicato Francesco

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