“Ho bisogno di dialogare con la paura. La paura vera, quella che ti fa chiudere in bagno e piangere; paura di non riuscire a dire le parole che servono….”.
Gianluca Vialli è nato a Cremona il 9 Luglio 1964. Di anni 58, capo
delegazione dell’attuale Nazionale Italiana con la quale ha vinto un grande
Europeo allo stadio di Wembley, a Londra, nel tempio del calcio proprio contro
gli agguerriti e ambiziosi padroni di casa, l’Inghilterra di Gareth Southgate.
Dal 2003 è sposato con un ex
modella Cathryn White Cooper, famosa arredatrice d’interni
nel Regno Unito, dalla quale ha avuto
due bellissime e amatissime figlie, Sofia
e Olivia.
“Spero che la mia storia possa servire a ispirare le persone che si
trovano all’incrocio determinante della vita. L’importante non è vincere; è pensare in modo vincente”.
Gianluca Vialli è stato uno degli
attaccanti più forti e prolifici della Serie A tra gli anni ‘80 e ‘90; Quando
la Serie A era il campionato top del mondo e ci giocavano fior fiori di
campioni, da Diego Armando Maradona
a Roberto Baggio, dal principe
romanista Giuseppe Giannini a quello blucerchiato, Roberto Mancini.
Calciatore molto apprezzato all’estero,
in Inghilterra, Gianluca Vialli ha
chiuso la carriera agonistica indossando la prestigiosa e mitica maglia dei
blues.
259 marcature all’attivo in 673 presenze
da calciatore professionista, tra campionati e competizione varie.
Un grande finalizzatore, ma anche un’altruista
considerando i 44 assist in carriera.
Tre volte capocannoniere della
Serie A, vincitore di una Coppa Campioni, due Coppe Italia, una Supercoppa Uefa
e, infine, una Coppa Uefa.
Unico attaccante nella storia del calcio mondiale a vincere tutte e tre
le competizioni europee, quando la Coppa Uefa, per coefficiente di difficoltà,
equivaleva all’attuale Champions League. Gianluca Vialli ha vinto tutto quello che c’era da vincere
nel calcio che conta, quello con la “C” maiuscola; Un vincente di successo, poco
altro da aggiungere alla sua ricchissima biografia.
“Mentre vi scrivo queste righe ho finito la chemio e i trattamenti radio
ma ancora non so come andrà a finire questa partita, lo scoprirò più avanti…”.
L’unico rammarico è quello di non aver
mai vinto il Pallone d’oro e il Mondiale con la Nazionale italiana.
Il Pallone d’oro - forse - Gianluca l’avrebbe meritato con un pizzico
di fortuna in più, spesso, necessaria nello sport; come nella vita. Se fosse possibile attraverso
uno Sliding Doors, preso in prestito dalle migliori annate cinematografiche, il
titolo di migliore calciatore al mondo - oggi - sarebbe nella sua bacheca
personale - molto probabilmente - se avesse vinto la Coppa Campioni, l’attuale
Champions League, con la Sampdoria.
Al titolo iridato, invece, c’è andato
molto vicino - durante le notti magiche d’Italia
novanta inseguendo un gol - in quella sfortunata semifinale persa ai rigori,
allo Stadio San Paolo di Napoli, contro una modesta Argentina guidata dal più
grande calciatore di tutti i tempi: un certo Diego Armando Maradona che pochi mesi prima - per ironia della
sorte - aveva portato ai piedi del Vesuvio il secondo scudetto nella storia del
club partenopeo.
L’Italia di Vicini l’avrebbe meritata quella finale dei campionati del mondo;
una squadra che non era inferiore a nessun’altra Nazionale, alla fine del
torneo imbattuta, compreso la Germania che diventò campione iridata sul tetto
del mondo. Fu punita - purtroppo - da un’uscita a vuoto di Walter Zenga su Caniggia,
ma non è da questi particolari che si valuta un buon portiere. Anche perchè
Walter è stato un portierone. Tre volte eletto come miglior portiere del mondo.
Centravanti di ruolo, numero nove
moderno, che non avrebbe fatto nessuna fatica a trovare un posto da titolare in
una squadra di vertice, soprattutto, in questa modesta Serie A;
L’avrei visto bene al Napoli
spettacolare di Luciano Spalletti,
come unico terminale offensivo, con il georgiano Kvaratskhelia alle sue spalle a lanciarlo, a folle velocità contro
il tempo, verso l’area di rigore avversaria. Vialli giocava a tutto campo - forse
anche per filosofia di vita - spesso partiva dalla propria trequarti a
lanciarsi, a tutta velocità, nell’unico pertugio aperto, dribblando persino i
fili d’erba sul rettangolo di gioco.
Gianluca Vialli, oggi, sarebbe
titolarissimo e inamovibile, anche, nell’attuale Nazionale del suo grande amico
ed ex compagno di squadra ai tempi della doria, Mr. Mancini. Buonissima annata quella
del 1964 per il calcio italiano, andrebbe gustata a piccole dosi come un buon vino
passito e rigorosamente prodotto nelle cinque terre; a temperatura ambiente e
con una cornice doc, il mare azzurro, sognante e sconfinato della Liguria: Roberto Mancini, Giuseppe Giannini,
Salvatore Schillaci, Fernando De Napoli e, appunto, Gianluca Vialli.
Calciatori meravigliosi che, per più
di un decennio, costituirono l’ossatura vincente della Nazionale di Vicini - un
vero signore - dall’U21 fino a quella maggiore. Altri tempi quelli per il
calcio italiano - che oggi ricordo con un pizzico di amara e malinconica
nostalgia - dove c’era uno straccio di programmazione; ove nei vivai un seme
senza nome cresceva per diventare un potenziale campione, ignaro del dono
scarlatto che in futuro avrebbe recato ad altri occhi sognanti in religiosa
ammirazione; Giocavamo a pallone dalla mattina alla sera, ovunque, nelle strade
a dribblare pure il fumo delle macchine e quello dei motorini degli amici e non
soltanto; Dribblavamo, con l’immenso e sconfinato talento della giovinezza, la vita
da adulti che ci aspettava, ora dopo ora. Tic. Toc. Negli anni ’80 tutti
giocavano a calcio, chi non lo faceva aveva qualche problema serio di
socializzazione. Poi è arrivata la
tecnologia con la sua obsolescenza a rovinare tutto; A trasformare le nostre
vite, realizzate e piene, in misere e infelici; vuote come i freddi cartoni, senza
i regali dentro, lasciati ai bordi delle strade.
Quando si parla di Gianluca, un
distinguo è doveroso per cronaca sportiva. In serie A, Vialli ha vissuto due
vite parallele che non si sono mai incrociate fortunatamente; A Genova, sponda
blucerchiata e a Torino, sponda bianconera. Due bellissime città, a pochi
chilometri di distanza l’una dall’altra.
Nella Sampdoria di Mantovani ha
fatto coppia con Roberto Mancini, costituendo la prima vera coppia di fatto in Italia; Una delle coppie italiane più
forti e affiatate di tutti i tempi, dotata di un grande talento; I temibili gemelli del goal in auge per circa una
decina di anni, dal 1984 al 1992. Con il suo gemello, Gianluca è stato
protagonista dell’unico e incredibile scudetto vinto dalla Sampdoria dei
miracoli nella sua lunga storia sportiva. L’ultimo tricolore festeggiato a
Genova, sponda blucerchiata.
Vittima della finale persa in Coppa
Campioni contro il Barcellona di Johan Cruijff; Era la Sampdoria sorprendente
di Boskov, affondata da un siluro
terra aria di Ronald Koeman al 112’ minuto del tempo supplementare. Pagliuca a
difendere la propria porta; Uno degli estremi difensori più forti della storia del calcio italiano. Lanna e lo Zar Vierchowod difensori centrali. Mannini e
Katanec, rispettivamente, terzino destro e sinistro. Sulla mediana di
centrocampo, Pari e il brasiliano - mitico - Cerezo. Ala destra e sinistra, a mangiarsi l'erba, rispettivamente Attilio Lombardo e Bonetti.
Prima punta Gianluca Vialli e seconda, Roberto Mancini. 4-4-2 classico, e passa
la paura, il modulo utilizzato dal maestro serbo. Dopo quella partita persa,
forse a causa del fato avverso, dopo averne assaporato il retrogusto dolcissimo
della vittoria per una novantina di minuti e poco oltre, finì l’epopea gloriosa
della squadra genovese capitanata da Roberto Mancini e il suo gemello, Gianluca
Vialli. Per la serie tutto finisce, è la
dura legge della vita alla quale non ci abitueremo mai perché nulla dura per
sempre.
"Se n'è andato un 2022 triste, per me molto triste: la morte di Sinisa, la malattia di Gianluca. Queste sono le cose che pesano sul cuore"
Nella Juventus, invece, Gianluca Vialli ha giocato con
altrettanti grandi campioni tra cui Roberto Baggio, Del Piero e Ravanelli dal
1992 al 1997, un grande reparto offensivo in circa cinque anni di militanza con
la maglia bianconera. Il tridente con Vialli,
Del Piero e Ravanelli merita una menzione particolare dallo scrivente per la sua
storia vincente; squadra allenata da Marcello Lippi.
Agile e veloce nella Sampdoria, più
potente e resistente nella Juventus. Gianluca Vialli era in grado di segnare in
tutti modi possibili e immaginabili. Forte in tutti i fondamentali di gioco, dal
tiro potente da fuori aria di rigore alla giocata di fino. Attaccanti talentuosi come Vialli, purtroppo, non ne escono più dalle
fabbriche del calcio mondiale. Che spreco, a suo tempo, non avere registrato
il suo prototipo. Oggi, certamente, saremmo stati, tutti, più ricchi di calcio
dentro.
Leader fuori e dentro il campo,
bandiera in tutte le squadre in cui ha militato. Vincitore della Coppa Campioni 1995-1996 con la Juventus, quella di
Del Piero e Ravanelli con i quali ha costituito uno degli attacchi più forti e
vincenti della gloriosa storia della Juventus.
“E' un sollievo essere a Londra.
Qui il calcio ha un dimensione ancora umana”.
Dopo l’esperienza positiva con la
Juventus, da capitano, Gianluca Vialli ha chiuso - sempre da vincente, come è stato scritto
dal pifferaio magico nel suo destino fin dalla nascita - la carriera in
Inghilterra tra le file del Chelsea con 40 reti in 87 presenze, mettendo in
bacheca tra il 1997 e il 2000 una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa, una
Coppa di Lega inglese, una coppa d’Inghilterra e una Charity Shield.
“Il cancro è un
compagno di viaggio indesiderato. Devo andare avanti, sperando che si stanchi e
mi lasci vivere ancora tanti anni. So che per quello che mi è successo ci sono
tante persone che pensano che se sto bene io, possono farcela anche loro. Sono
stato un giocatore e un uomo forte, ma anche fragile, e penso che qualcuno
possa essersi riconosciuto nella mia storia. Sono qui con i miei difetti, le
paure e la voglia di far qualcosa di importante”.
Appesi gli scarpini al chiodo, lasciandoci l’ennesimo ricordo
tra le pagine polverose della vita, Gianluca Vialli ha davanti a sé - in questi
lunghi giorni invernali e di festa per milioni di persone nel mondo - un’altra
sfida da superare; quella, decisamente, più importante di tutte e ancora una
volta in attacco per dribblare pure i fili d’erba di un rettangolo di gioco, dotato
del suo grande talento.
A presto caro Gianluca, sperando che tu possa leggere la tua
storia attraverso queste poche righe con la paura di non riuscire a dire le
parole che servono per renderti omaggio.
Questa è la storia di un vincente che pensa da vincente.
Ahhhhh! Che errore! Se avessimo registrato in tempo il
prototipo di Gianluca Vialli, un numero nove atipico per il calcio italiano degli
anni 80 e 90, oggi saremmo tutti uomini e donne migliori……
Arsenico17
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