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“Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant'anni, all'aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire”. [Zdnek Zeman]
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L'ultimo "Diez" argentino, Juan Roman Riquelme
Juan Román Riquelme è stato uno dei
più grandi giocatori argentini dell’ultimo ventennio. Uno di quei talenti la cui fantasia,
classe ed estro andavano oltre quella che può essere la semplice qualità di un calciatore.
Un vero artista del pallone, come molti amavano definirlo, in Argentina erano talmente
estasiati dalle sue gesta che lo avevano etichettato subito come “nuovo
Maradona”: Juan però non amava i paragoni ne tantomeno i preconcetti poiché lui
era tutt’altro calciatore rispetto al pibe de oro. Con Juan era lecito parlare di genio, ma anche di sregolatezza,
non tanto per lo stile di vita condotto fuori dal campo, ma soprattutto per
l’incomprensibile scelta di voler lasciare, prematuramente, l’Europa quando il
Mondo stava per elevarlo tra gli “dei”
nell’Olimpo del calcio. Accostabile per le movenze a Zinedine Zidane, Riquelme
era un abile trequartista con un elevato concentrato di tecnica cristallina,
unita ad un’incredibile visione di gioco, che ne facevano di lui uno dei
rifinitori del suo ruolo più apprezzati e più forti in circolazione. Da grande
artista del pallone quale era, aveva un vero e proprio pennello al posto del
piede destro con il quale era rapido a disegnare assist illuminanti per i suoi
compagni. Aveva una visione di gioco fuori dal comune, l’argentino infatti con
la sua rapidità era in grado di togliere il tempo agli avversari, che molto spesso rimanevano
disorientati davanti al suo modo di tenere il pallone tra i piedi. Nato a San Fernando, nei
sobborghi di Buenos Aires, il 24 giugno 1978, viene da una famiglia
numerosa composta da undici fratelli di cui lui ne era il maggiore. Evidentemente
un predestinato del calcio poiché curiosamente, il giorno successivo alla sua
nascita, l’Argentina vince per la prima volta la Coppa del Mondo. Juan Román muove
i primi passi, da tredicenne, nel settore giovanile dell’Argentinos Juniors.
Magro, dal fisico esile e con la testa sempre abbassata per la sua enorme timidezza,
era un ragazzino ed di poche parole infatti nel suo quartiere lo avevano
soprannominato “El mudo” ma in tutto il mondo per la sua classe lo conosceranno
semplicemente come Juan Roman Riquelme. Con la maglia dell’Argentinos incantò
tutti con il suo grande talento tant’è che River Plate e Boca Juniors non tardarono
a contendersi il piccolo gioiello che stava illuminando la Primera Division
argentina. Così nel 1995 si trovó a fare una scelta difficile rifiutò il River,
si dice anche “spinto” dai genitori perché per loro sarebbe stato considerato
un “tradimento” visto che Juan era cresciuto nel “Barrio”, divenendo, a tutti
gli effetti, un giocatore del Boca Juniors: inseritosi proprio all’ultimo
minuto nel strapparlo ai rivali con un offerta da 800000 pesos fatta pervenire
ai dirigenti dell’Argentinos Juniors. Ma la sua incredibile storia con le
Xeneizes inizia, sul campo, Il 10 Novembre 1996, quando infatti “El Mudo” fa il
suo debutto in assoluto con il Boca Juniors contro la Unión de Santa Fe e a
nemmeno due settimane dall’esordio realizzerà la sua prima marcatura in Primera
division contro l'Huracán. Riquelme è senza dubbio l’incarnazione del numero 10
per eccellenza che ha fatto innamorare, fin da subito, la folla della Bombonera
e per questo il destino gli riserverà un onore speciale: il 25 Ottobre 1997,
durante “el classico” tra Boca Juniors e River Plate, Juan entra in campo al
minuto quarantasei per sostituire il “dio del calcio”, Diego Armando Maradona
che, ironia della sorte, quel giorno giocherà l’ultima partita della sua
carriera. Da tutti venne intuito come un vero e proprio passaggio di “consegne”
tant’è che nei mesi successivi attraverso la guida di Carlos Bianchi sulla
panchina delle Xeinezes, Riquelme diventerà, partita dopo partita, l’idolo
della Bombonera. Il Boca dominerà quell’anno e vincerà il torneo di Apertura, il
primo titolo dopo 6 anni, ripetendosi solo qualche mese dopo anche nel torneo di Clausura, il tutto sotto
la guida dell’illuminata stella di Juan Roman Riquelme.
I successi continueranno senza fermarsi
e nel 2000 si consacra anche come giocatore di livello internazionale vincendo,
per la prima volta, la Copa Libertadores, riuscendo inoltre nella titanica
impresa di aggiudicarsi la Coppa Intercontinentale contro il Real Madrid dei
“Galacticos”, campioni d’Europa in carica, vincendo per 2-1. Una partita
incredibile di Riquelme che fornirà un assist memorabile per il raddoppio di Martin
Palermo con un lancio telecomandato di 40 metri dalla propria metà campo dimostrando
tutto il suo talento in una sola giocata. Dopo questo grande trionfo, rimarrà
ancora un anno al Boca bissando nuovamente il successo in Copa Libertadores,
vincendo inoltre anche il torneo di Apertura del campionato argentino. Insomma
tutto era pronto per vedere il talento cristallino di Riquelme sbocciare anche
in Europa e in un grande club; chiamata che arriva puntualmente nell’estate del
2002 da parte del Barcellona. Un acquisto che ha regalato un entusiasmo
incredibile tra i tifosi tant’è che le maglie blaugrana di Riquelme con il
numero dieci andarono a ruba. Dopo un esordio con una doppietta in amichevole
ad Amsterdam contro il Parma, Riquelme non aveva fatto i conti con un oste
molto duro: il suo allenatore Louis Van Gaal. L’allenatore olandese lo
considerava come una specie di “soprammobile” di lusso, facendolo giocare
perennemente fuori ruolo per favorire il suo gioco basato sulle ali offensive,
ragion per cui la sua avventura al Barcellona fu molto deludente concludendo la
sua prima, e unica, stagione in blaugrana con pochissimi alti e moltissimi
bassi che lo costringeranno a cambiare maglia molto presto. L’anno dopo,
infatti, il suo destino europeo sarà ancora in Spagna e al cospetto del
Villareal, convinto dal progetto tecnico dell’allenatore Manuel Pellegrini tra
l’altro suo connazionale. Riquelme qui vivrà una vera e propria rinascita e
il tecnico argentino gli affiderà completamente le chiavi del suo “Submarino
Amarillo” costruendogli attorno una squadra di talento che poteva contare su
giocatori del calibro di Diego Forlan, Marcos Senna e Juan Pablo Sorin. I risultati per il
Villareal furono sorprendenti, trascinato da Riquelme raggiunsero un terzo
posto in Liga Spagnola e arrivarono ad un passo dalla finale di Champions
League , del 2005, dopo che lo stesso asso argentino si fece parare un rigore
dal portiere dei gunners Lehman. Un duro colpo poiché se avesse segnato forse avrebbe
potuto affrontare proprio quel Barcellona,
in finale, che dopo averlo sedotto aveva avuto il coraggio di abbandonarlo
senza dargli nemmeno una seconda chance. Dopo una bella storia con il Villareal,
nel 2006 a causa di dissidi con il tecnico Pellegrini decide di lasciare a
soli 28 anni il calcio europeo per tornare dove tutto ebbe inizio e cioè nuovamente
al Boca Juniors. Qui vive una sorta di seconda giovinezza affermandosi ai
suoi livelli pre – europei riuscendo a vincere un'altra libertadores, la sua
terza personale, e altri due tornei di apertura, incantando il pubblico con le
sue magiche punizioni, assist illuminanti e dribbling ubriacanti il tutto
condito da assoluti lampi di genio. Saranno altri sette anni meravigliosi che
nessun argentino amante del calcio potrà mai dimenticare infatti nel 2014 a
35 anni, nonostante il suo fisico fosse ormai logoro dal tempo, decide di
chiudere il cerchio dove tutto aveva avuto inizio, accasandosi all’Argentinos Juniors con
l’obiettivo di riportarlo in Primera Division dopo anni di oblio. Nemmeno a dirlo
ci riuscirà trascinandolo con le sue giocate e solo dopo comunicherà al mondo
che a 36 anni era giunto il momento di dire basta. Con il suo ritiro piangerà un popolo intero
perché non si ritirava solo un immenso
campione, ma probabilmente con lui sarebbe sparito anche un modo di giocare, un
modo di intendere il calcio e di interpretare quel tipo di ruolo che
difficilmente qualcun altro dopo di lui avrebbe fatto. In Argentina erano
perfettamente consapevoli che probabilmente avevano avuto la grande fortuna di aver potuto ammirare l’ultimo grande “diez” argentino dopo Diego Armando Maradona.
Francesco Indelicato
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