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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

L'ultima grande ala sinistra del calcio italiano: Beppe Signori



Beppe Signori è stato un attaccante senza tempo, forse l’ultima grande ala sinistra del calcio italiano, aveva tutto: potenza, precisione, rapidità, determinazione, grinta ma soprattutto una classe incredibile grazie a quel sinistro piazzato a incrociare che non lasciava scampo a nessun portiere. Era un attaccante completo, sapeva segnare in tutti i modi possibili: su punizione, in rovesciata, di destro, di sinistro, di testa e anche di rigore. Vederlo giocare era una vera gioia per gli occhi.

GLI INIZI DI CARRIERA

Come tutti i ragazzini che si rispettano, Beppe, ha dato i suoi primi calci ad un pallone nella squadra del suo paese, la Villese, ma ad appena dieci anni è l’Atalanta a mettere subito gli occhi su di lui. Nonostante i buoni propositi le cose non andarono per il verso giusto, durante il primo allenamento con la Dea, prende il primo treno utile per raggiungere Bergamo: all’andata lo vengono a prendere alla stazione ma al ritorno lo lasciano, stranamente, solo per strada senza nemmeno chiamargli un taxi. È solo un bambino di dieci anni, non sa cosa deve fare, non esistevano i telefoni ma per sua fortuna, in qualche modo, riesce a tornare a casa e decide che la sua storia con l’Atalanta non sarebbe andata più avanti, anche perché l'Inter era già dietro l’angolo. Il suo provino con i nerazzurri durerà appena 7 minuti, giusto il tempo di trovare un gol “fortunoso” quando il portiere con un rinvio, lo colpisce in pieno volto, così forte tanto da farlo cadere per terra quasi svenuto ma segna lo stesso. Forse, all’Inter, lo prendono un po’ per tenerezza, un po’ per provvidenza chi lo sa, fatto sta che poi però decidono di puntare forte su Fausto Pizzi visto che per bocca di Mario Corso, Beppe era un ragazzetto troppo gracilino per potere andare avanti nell’Inter. Così dopo quattro anni di settore giovanile, a 15 anni lo lasciano andare come se niente fosse.

L’AVVENTURA AL LEFFE.

Il giovane Signori, come detto, era un ragazzino di bassa statura ma molto veloce nel dribbling e dal sinistro potente: i dirigenti del Leffe, squadra a una ventina di chilometri da casa sua, sono decisi a dargli subito un'occasione. Così, a sedici anni, parte dai dilettanti, dove oltre a impressionare tutti per talento e dedizione, lavora anche nello stabilimento tessile del presidente, riparando macchinari industriali. Non ci mette molto, da trequartista e soprattutto da mezz’ala sinistra e con la 10 sulle spalle a farsi notare. Saranno 5 le reti messe a segno in appena 8 presenze nel campionato 1984 – 85. Trascinato da Signori, il Leffe, infatti, riesce nell’impresa titanica di conquistare una storica promozione in serie C2. L’anno seguente rimane ancora con i lombardi, giocando tutto l’intero campionato da titolare ma, nonostante la retrocessione, Signori era già un giocatore troppo importante per continuare a rimanere tra i dilettanti e così è il Piacenza a puntare forte su di lui in Serie C1.

L’INCONTRO CHE GLI CAMBIA LA VITA: LA NASCITA DI ZEMANLANDIA

Nella vita di un uomo il destino ha sempre giocato una parte importante e per Signori, tutto sembrava già scritto. Quando giocava con il Piacenza, ancora non era il bomber che tutti conoscono, non segnava molto ma tre dei gol più importanti della sua esperienza li aveva fatti, al Messina di un certo Zdenek Zeman. Era chiaro che il boemo avesse intravisto in lui qualcosa di particolare, qualcosa che nessuno aveva notato mai prima e che forse nemmeno lo stesso Signori sapeva di avere. Fu così infatti che Zeman quando divenne allenatore del Foggia, lo volle a tutti i costi anche se nessuno ne capiva bene il motivo. La cosa curiosa è che durante il giorno della presentazione della squadra, all’Hotel President il boemo si avvicinò a Beppe per dirgli “Ciao Bomber”. Incredulo il fuoriclasse lombardo si gira dietro di sé pensando che si riferisse al suo compagno di squadra Mauro Meluso, esclamando: “Mister, il bomber è lui, io sono Beppe Signori”. Da quel momento in poi il loro rapporto sarà di completa simbiosi. Allenatori in carriera ne ha avuti tanti ma mai nessun’altro gli farà anche da “maestro” come lo è stato il boemo con lui. La sua intuizione di trasformarlo da trequartista in attaccante, gli ha cambiato letteralmente il modo di stare in campo e di interpretare il calcio per come lo conosceva prima.  Ma non è stato tutto rosa e fiori come si può pensare il periodo a Foggia: nel 1989 in Serie B, i pugliesi, alla fine del girone di andata, si trovavano penultimi con soli 14 punti e la squadra mostrava una certa fatica nel recepire i dettami tattici del tecnico boemo che si trovava a rischio esonero, se non fosse stato proprio per i gol di Beppe Signori. In particolare, uno fu fondamentale: ovvero il gol del pareggio a Monza. Signori seppe ripagare bene il suo allenatore che aveva creduto fortemente in lui e dopo quella rete, l’abbraccio con il Mister dimostrò il loro attaccamento. Ed è proprio quel risultato che diede inizio ad una rapida risalita fino all’ottavo posto finale, utile a gettare le basi per quello che sarebbe stata “Zemanlandia” e il dominio del campionato successivo, culminato con una storica promozione in serie A nel 1991. Ma il destino alle volte sa anche essere beffardo: è l’inverno del 1991 e con la sua auto, Beppe, stava percorrendo la San Severo-Apricena, in provincia di Foggia. Pioveva a dirotto, l’asfalto era bagnato, la strada era piena di buche, stava andando da un amico. Improvvisamente la macchina slitta sull’asfaltato, si impenna contro il muretto laterale, facendo ben otto capriole consecutive al termine delle quali finisce in un vigneto. Per sua fortuna, quel giorno, ha indosso la canottiera benedetta da Padre Pio, che gli aveva regalato sua madre. La macchina era ridotta a un rottame di lamiera. Lui non ha neppure un graffio, il primo pensiero va alle sue gambe ma è tutto al suo posto, ne è uscito completamente illeso. Da quel momento in poi non toglierà mai più quella canotta “speciale” indossandola ad ogni singola partita. Un vero e proprio miracolo che permetterà comunque a Signori e al Foggia, in quell’incredibile stagione in serie A, di segnare 11 reti, come il suo numero di maglia, e di esprimere un gioco oltremodo spettacolare, componendo un “trio delle meraviglie” insieme ai suoi compagni di reparto Roberto Rambaudi e Francesco Baiano che li porteranno a raggiungere uno storico nono posto in Serie A.

LAZIO

Nel 1992 è la Lazio a mettere sul piatto 8 miliardi di vecchie lire pur di strapparlo al presidente Casillo.   Al suo arrivo tutti erano convinti che avrebbe avuto delle difficoltà visto il salto da una realtà di provincia come Foggia ad una squadra con ambizioni come la Lazio ma soprattutto erano convinti che sarebbe stato sotto pressione visto che era arrivato per sostituire l’uruguaiano Ruben Sosa, passato all’inter, che, sino a li, era stato un idolo della tifoseria biancoceleste. Per tutta risposta al suo debutto, contro la Sampdoria, fece una splendida doppietta, terminando la stagione con 26 gol realizzati, un titolo di capocannoniere del campionato e una qualificazione alla coppa Uefa che mancava da 15 anni.  Fra lui e la Lazio è stato sin da subito un matrimonio perfetto, uno di quelli che nessuno avrebbe mai potuto separare: arriva il suo Maestro Zeman in panchina e diventa subito capitano. Sfiora uno scudetto conquistando uno storico secondo posto alle spalle della straordinaria Juventus di Lippi e vince per la seconda volta consecutiva, per la stagione 93 – 94, la classifica cannonieri di Serie A con 23 reti realizzate. Poi succede quello che non ti aspetti nell’estate del 1995, Sergio Cragnotti annuncia di aver raggiunto un accordo per la cessione di Signori al Parma per 25 miliardi di lire: successe l’apoteosi. Beppe non sarebbe mai andato via dalla Lazio e non aveva alcuna intenzione di farlo, fu così che circa 5000 tifosi biancocelesti “assediarono” la sede di Via Novaro per impedire, in qualche modo, la cessione del loro capitano. Con tutta quella gente scesa in piazza solo per lui, Signori non poteva tradirli, non poteva accettare la destinazione ducale, e fu così che il presidente onorario Dino Zoff dovette intervenire per interrompere la trattativa che non andrà più in porto con tanto di minaccia dello stesso Cragnotti di cedere le sue quote: i gol di Signori però rimettono tutto al loro posto e la Lazio quell’anno arriva terza. La stagione seguente fu molto complicata, gli scarsi risultati di metà stagione, portarono ad un esonero del tecnico boemo e ad un ritorno di Dino Zoff in panchina che fa risalire la Lazio fino a raggiungere un quarto posto molto importante per la qualificazione alle coppe europee. Neanche a dirlo Signori vincerà la sua terza classifica dei marcatori di Serie A con 24 reti ex aequo con Igor Protti.

La Lazio è stata la consacrazione della sua carriera, Beppe sarebbe rimasto a vita, però tutto cambia quando nella stagione 1997 –98 è Sven Goran Eriksson a sedersi sulla panchina biancoceleste, facendo due richieste specifiche: calciatori nuovi e la cessione di Beppe Signori. Con il tecnico svedese infatti, si creó quasi subito una situazione ambigua. Beppe era il capitano, ma solo di facciata, lo svedese gli faceva fare tanta panchina senza spiegargli nemmeno il motivo delle ripetute esclusioni. Veniva trattato come uno qualunque, come si farebbe con un ragazzino della Primavera. Signori tuttavia non aveva discusso le scelte dell’allenatore ma vedeva poco rispetto verso uno che fin li aveva vinto tre volte la classifica dei cannonieri. L’episodio che fece traboccare il vaso fu a Vienna, contro il Rapid, quando lo ha fatto scaldare per tutto il secondo tempo e alla fine non lo fece entrare nemmeno per una manciata di minuti. Signori al termine della gara rientra negli spogliatoi, scuro in volto e con tanta rabbia addosso. Eriksson per tutta risposta gli fece i complimenti per la partita prendendosi beffe di lui, era chiaro che ormai la bellissima unione tra Signori e la Lazio fosse finita proprio quella sera . Dopo quasi sei anni, 195 presenze e 127 reti realizzate, con tanta amarezza, Signori lascia la Lazio.

LA NAZIONALE

La grande occasione per Giuseppe Signori si chiamava Usa 94. Il secondo titolo di capocannoniere consecutivo, convince Sacchi a chiamarlo per i mondiali americani. Il tecnico di Fusignano nel suo 4-4-2, faceva  affidamento, solitamente, per l’attacco a un “piccoletto”, Roberto Baggio e a un attaccante di fisico, come Nicola Berti o Massaro ma per l’esordio contro l’Irlanda decise di schierare insieme Baggio e Signori. Dopo la sconfitta all’esordio, Beppe verrà arretrato per fare l’esterno di centrocampo ma era troppo lontano dalla porta. Nonostante tutto, servirà comunque due assist pesantissimi come la punizione, pennellata, sulla testa di Dino Baggio nella vittoria contro la Norvegia e il passaggio perfetto per Roberto Baggio che sigla il gol vittoria, 2-1, contro la Spagna.  Così si arriva in semifinale con la Bulgaria dove Signori, stanco di fare un ruolo non suo, si rifiutò di entrare in campo quando Sacchi lo chiama in causa. Con quel rifiuto perse l’occasione di una carriera intera come quella di giocarsi una storica finale. Infatti, praticamente la sua avventura in azzurro si chiuderà li, con quel Mondiale e con il grande rimpianto di non aver giocato  la finale dove chissà se magari un suo “rigore” avrebbe potuto renderlo un eroe per sempre. 

SAMPDORIA E BOLOGNA 

A Ottobre del 97 si trasferisce alla Sampdoria ma sarà un’annata avara di soddisfazioni. Tra il contraccolpo psicologo della separazione con la Lazio e i diversi infortuni che lo hanno limitato per tutta la stagione, Signori giocherà pochissimo e male così i genovesi se ne disfano nel più breve tempo possibile. Signori arrivó in Emilia nel momento peggiore della sua carriera , sia fisicamente, per via di un brutto infortunio patito con i blucerchiati, che soprattutto  mentalmente perché tanti lo davano oramai per finito visti i suoi trent’anni. Ma Beppe non ha mai mollato, neanche per un istante, ha sempre  cercato di resistere per affrontare i problemi al massimo. Voleva dimostrare a tutti che molti si stavano sbagliando sul suo conto, prendendosi una bella rivincita e così è stato. Signori a Bologna rinasce come una Fenice, grazie anche a due figure che, per lui, sono state fondamentali: Carlo Mazzone e il presidente Gazzoni Frascara. Con Mazzone ha avuto un rapporto come se si trattasse di un padre con il proprio figlio, tra loro è scoccata subito la scintilla. Bologna in quel periodo era famosa per rigenerare i campioni come è stato con Roberto Baggio, infatti è stato anche su consiglio del “Divin Codino” che Signori ha accettato con entusiasmo di vestire i colori rossoblù. Beppe diventa subito capitano, a testimonianza che tutti in Emilia credevano fortemente in lui. Era sempre il primo ad arrivare al campo e l'ultimo ad andare via e da veterano cercava di affrontare i problemi di spogliatoio con grande serenità, provando inoltre a dare consigli positivi ai  più giovani.  Signori a Bologna ha trovato un ambiente perfetto, adatto a lui, c'era una sintonia importante con tutti i suoi compagni e un grande armonia con tutta la tifoseria, che gli ha sempre dimostrato un'immensa riconoscenza. Il primo anno con la maglia del Bologna, stagione 98 – 99, dimostrò a tutti che si erano enormemente sbagliati sul suo conto: Signori trascinerà i rossoblù fino ad una storica semifinale di Coppa UEFA contro l’Olimpique Marsiglia che poi sarà la finalista con il Parma campione. Totalizzerà, in tutte le competizioni, 46 presenze segnando 26 reti complessive, mandando un messaggio chiaro a tutti: Signori c’era e non se ne era mai andato. Con gli emiliani Beppe giocherà sei bellissime stagioni, il periodo più lungo trascorso in un club durante la sua carriera, totalizzando 176 presenze con 84 gol messi a segno. Un amore sconfinato con il pubblico di Bologna che Signori ha ripagato con i gol dimostrando di essere un grande calciatore che forse il Mondo del calcio aveva fatto troppo presto ad abbandonare. 

A 38 anni decide di appendere le scarpette al chiodo chiudendo la sua esperienza di calciatore al Sopron nel campionato ungherese. Beppe Signori è stato un giocatore senza tempo che avrebbe meritato di vincere un trofeo ma a lui non hai mai importato, perché si è sempre tenuto caro i titoli di capocannoniere in serie A, i 188 gol segnati in massima serie e soprattutto l’amore sconfinato della sua tifoseria nei suoi confronti, soprattutto alla Lazio quando tutta quella gente era scesa in piazza soltanto per lui, per tenersi stretto il loro capitano a tutti i costi. Il calcio è poesia e senza Giuseppe Signori non è più domenica.

Francesco Indelicato 

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