Cerca nel blog
“Io senza calcio non sto bene. Fosse per me arriverei a morire in tuta, a novant'anni, all'aria aperta, a insegnare pallone a qualche ragazzo che avesse ancora voglia di starmi a sentire”. [Zdnek Zeman]
IN PRIMO PIANO
- Ottieni link
- X
- Altre app
L'ultima grande ala sinistra del calcio italiano: Beppe Signori
GLI INIZI DI CARRIERA
L’AVVENTURA AL LEFFE.
Il giovane Signori, come detto, era un ragazzino di bassa
statura ma molto veloce nel dribbling e dal sinistro potente: i dirigenti del
Leffe, squadra a una ventina di chilometri da casa sua, sono decisi a dargli
subito un'occasione. Così, a sedici anni, parte dai dilettanti, dove
oltre a impressionare tutti per talento e dedizione, lavora anche nello
stabilimento tessile del presidente, riparando macchinari industriali. Non ci
mette molto, da trequartista e soprattutto da mezz’ala sinistra e con la 10
sulle spalle a farsi notare. Saranno 5 le reti messe a segno in appena 8
presenze nel campionato 1984 – 85. Trascinato da Signori, il Leffe, infatti,
riesce nell’impresa titanica di conquistare una storica promozione in serie C2.
L’anno seguente rimane ancora con i lombardi, giocando tutto l’intero
campionato da titolare ma, nonostante la retrocessione, Signori era già un
giocatore troppo importante per continuare a rimanere tra i dilettanti e così è
il Piacenza a puntare forte su di lui in Serie C1.
L’INCONTRO CHE GLI CAMBIA LA VITA: LA NASCITA DI ZEMANLANDIA
Nella vita di un uomo il destino ha sempre giocato una parte importante e per Signori, tutto sembrava già scritto. Quando giocava con il Piacenza, ancora non era il bomber che tutti conoscono, non segnava molto ma tre dei gol più importanti della sua esperienza li aveva fatti, al Messina di un certo Zdenek Zeman. Era chiaro che il boemo avesse intravisto in lui qualcosa di particolare, qualcosa che nessuno aveva notato mai prima e che forse nemmeno lo stesso Signori sapeva di avere. Fu così infatti che Zeman quando divenne allenatore del Foggia, lo volle a tutti i costi anche se nessuno ne capiva bene il motivo. La cosa curiosa è che durante il giorno della presentazione della squadra, all’Hotel President il boemo si avvicinò a Beppe per dirgli “Ciao Bomber”. Incredulo il fuoriclasse lombardo si gira dietro di sé pensando che si riferisse al suo compagno di squadra Mauro Meluso, esclamando: “Mister, il bomber è lui, io sono Beppe Signori”. Da quel momento in poi il loro rapporto sarà di completa simbiosi. Allenatori in carriera ne ha avuti tanti ma mai nessun’altro gli farà anche da “maestro” come lo è stato il boemo con lui. La sua intuizione di trasformarlo da trequartista in attaccante, gli ha cambiato letteralmente il modo di stare in campo e di interpretare il calcio per come lo conosceva prima. Ma non è stato tutto rosa e fiori come si può pensare il periodo a Foggia: nel 1989 in Serie B, i pugliesi, alla fine del girone di andata, si trovavano penultimi con soli 14 punti e la squadra mostrava una certa fatica nel recepire i dettami tattici del tecnico boemo che si trovava a rischio esonero, se non fosse stato proprio per i gol di Beppe Signori. In particolare, uno fu fondamentale: ovvero il gol del pareggio a Monza. Signori seppe ripagare bene il suo allenatore che aveva creduto fortemente in lui e dopo quella rete, l’abbraccio con il Mister dimostrò il loro attaccamento. Ed è proprio quel risultato che diede inizio ad una rapida risalita fino all’ottavo posto finale, utile a gettare le basi per quello che sarebbe stata “Zemanlandia” e il dominio del campionato successivo, culminato con una storica promozione in serie A nel 1991. Ma il destino alle volte sa anche essere beffardo: è l’inverno del 1991 e con la sua auto, Beppe, stava percorrendo la San Severo-Apricena, in provincia di Foggia. Pioveva a dirotto, l’asfalto era bagnato, la strada era piena di buche, stava andando da un amico. Improvvisamente la macchina slitta sull’asfaltato, si impenna contro il muretto laterale, facendo ben otto capriole consecutive al termine delle quali finisce in un vigneto. Per sua fortuna, quel giorno, ha indosso la canottiera benedetta da Padre Pio, che gli aveva regalato sua madre. La macchina era ridotta a un rottame di lamiera. Lui non ha neppure un graffio, il primo pensiero va alle sue gambe ma è tutto al suo posto, ne è uscito completamente illeso. Da quel momento in poi non toglierà mai più quella canotta “speciale” indossandola ad ogni singola partita. Un vero e proprio miracolo che permetterà comunque a Signori e al Foggia, in quell’incredibile stagione in serie A, di segnare 11 reti, come il suo numero di maglia, e di esprimere un gioco oltremodo spettacolare, componendo un “trio delle meraviglie” insieme ai suoi compagni di reparto Roberto Rambaudi e Francesco Baiano che li porteranno a raggiungere uno storico nono posto in Serie A.
LAZIO
Nel 1992 è la Lazio a mettere sul piatto 8
miliardi di vecchie lire pur di strapparlo al presidente Casillo. Al suo
arrivo tutti erano convinti che avrebbe avuto delle difficoltà visto il salto
da una realtà di provincia come Foggia ad una squadra con ambizioni come la
Lazio ma soprattutto erano convinti che sarebbe stato sotto pressione visto che
era arrivato per sostituire l’uruguaiano Ruben Sosa, passato all’inter, che,
sino a li, era stato un idolo della tifoseria biancoceleste. Per tutta
risposta al suo debutto, contro la Sampdoria, fece una splendida doppietta,
terminando la stagione con 26 gol realizzati, un titolo di capocannoniere del
campionato e una qualificazione alla coppa Uefa che mancava da 15 anni. Fra lui e la Lazio è stato sin da subito un
matrimonio perfetto, uno di quelli che nessuno avrebbe mai potuto separare:
arriva il suo Maestro Zeman in panchina e diventa subito capitano. Sfiora uno
scudetto conquistando uno storico secondo posto alle spalle della straordinaria
Juventus di Lippi e vince per la seconda volta consecutiva, per la stagione 93
– 94, la classifica cannonieri di Serie A con 23 reti realizzate. Poi succede
quello che non ti aspetti nell’estate del 1995, Sergio Cragnotti annuncia di
aver raggiunto un accordo per la cessione di Signori al Parma per 25 miliardi
di lire: successe l’apoteosi. Beppe non sarebbe mai andato via dalla Lazio e
non aveva alcuna intenzione di farlo, fu così che circa 5000 tifosi
biancocelesti “assediarono” la sede di Via Novaro per impedire, in qualche
modo, la cessione del loro capitano. Con tutta quella gente scesa in piazza
solo per lui, Signori non poteva tradirli, non poteva accettare la destinazione
ducale, e fu così che il presidente onorario Dino Zoff dovette intervenire per
interrompere la trattativa che non andrà più in porto con tanto di minaccia
dello stesso Cragnotti di cedere le sue quote: i gol di Signori però rimettono
tutto al loro posto e la Lazio quell’anno arriva terza. La stagione seguente fu
molto complicata, gli scarsi risultati di metà stagione, portarono ad un
esonero del tecnico boemo e ad un ritorno di Dino Zoff in panchina che fa
risalire la Lazio fino a raggiungere un quarto posto molto importante per la
qualificazione alle coppe europee. Neanche a dirlo Signori vincerà la sua
terza classifica dei marcatori di Serie A con 24 reti ex aequo con Igor
Protti.
La Lazio è stata la consacrazione della sua carriera, Beppe sarebbe rimasto a vita, però tutto cambia quando nella stagione 1997 –98 è Sven Goran Eriksson a sedersi sulla panchina biancoceleste, facendo due richieste specifiche: calciatori nuovi e la cessione di Beppe Signori. Con il tecnico svedese infatti, si creó quasi subito una situazione ambigua. Beppe era il capitano, ma solo di facciata, lo svedese gli faceva fare tanta panchina senza spiegargli nemmeno il motivo delle ripetute esclusioni. Veniva trattato come uno qualunque, come si farebbe con un ragazzino della Primavera. Signori tuttavia non aveva discusso le scelte dell’allenatore ma vedeva poco rispetto verso uno che fin li aveva vinto tre volte la classifica dei cannonieri. L’episodio che fece traboccare il vaso fu a Vienna, contro il Rapid, quando lo ha fatto scaldare per tutto il secondo tempo e alla fine non lo fece entrare nemmeno per una manciata di minuti. Signori al termine della gara rientra negli spogliatoi, scuro in volto e con tanta rabbia addosso. Eriksson per tutta risposta gli fece i complimenti per la partita prendendosi beffe di lui, era chiaro che ormai la bellissima unione tra Signori e la Lazio fosse finita proprio quella sera . Dopo quasi sei anni, 195 presenze e 127 reti realizzate, con tanta amarezza, Signori lascia la Lazio.
LA NAZIONALE
La grande occasione per Giuseppe Signori si
chiamava Usa 94. Il secondo titolo di capocannoniere consecutivo, convince
Sacchi a chiamarlo per i mondiali americani. Il tecnico di Fusignano nel suo 4-4-2,
faceva affidamento, solitamente, per
l’attacco a un “piccoletto”, Roberto Baggio e a un attaccante di fisico, come
Nicola Berti o Massaro ma per l’esordio contro l’Irlanda decise di schierare
insieme Baggio e Signori. Dopo la sconfitta all’esordio, Beppe verrà arretrato per
fare l’esterno di centrocampo ma era troppo lontano dalla porta. Nonostante
tutto, servirà comunque due assist
pesantissimi come la punizione,
pennellata, sulla testa di Dino Baggio nella vittoria contro la Norvegia
e il passaggio perfetto per Roberto Baggio che sigla il gol vittoria,
2-1, contro la Spagna. Così si
arriva in semifinale con la Bulgaria dove Signori, stanco di fare un ruolo non
suo, si rifiutò di entrare in campo quando Sacchi lo chiama in causa. Con quel
rifiuto perse l’occasione di una carriera intera come quella di giocarsi una
storica finale. Infatti, praticamente la sua avventura in azzurro si chiuderà
li, con quel Mondiale e con il grande rimpianto di non aver giocato la finale dove chissà se magari un suo “rigore”
avrebbe potuto renderlo un eroe per sempre.
SAMPDORIA E BOLOGNA
A Ottobre del 97 si trasferisce alla Sampdoria ma sarà un’annata avara di soddisfazioni. Tra il contraccolpo psicologo della separazione con la Lazio e i diversi infortuni che lo hanno limitato per tutta la stagione, Signori giocherà pochissimo e male così i genovesi se ne disfano nel più breve tempo possibile. Signori arrivó in Emilia nel momento peggiore della sua carriera , sia fisicamente, per via di un brutto infortunio patito con i blucerchiati, che soprattutto mentalmente perché tanti lo davano oramai per finito visti i suoi trent’anni. Ma Beppe non ha mai mollato, neanche per un istante, ha sempre cercato di resistere per affrontare i problemi al massimo. Voleva dimostrare a tutti che molti si stavano sbagliando sul suo conto, prendendosi una bella rivincita e così è stato. Signori a Bologna rinasce come una Fenice, grazie anche a due figure che, per lui, sono state fondamentali: Carlo Mazzone e il presidente Gazzoni Frascara. Con Mazzone ha avuto un rapporto come se si trattasse di un padre con il proprio figlio, tra loro è scoccata subito la scintilla. Bologna in quel periodo era famosa per rigenerare i campioni come è stato con Roberto Baggio, infatti è stato anche su consiglio del “Divin Codino” che Signori ha accettato con entusiasmo di vestire i colori rossoblù. Beppe diventa subito capitano, a testimonianza che tutti in Emilia credevano fortemente in lui. Era sempre il primo ad arrivare al campo e l'ultimo ad andare via e da veterano cercava di affrontare i problemi di spogliatoio con grande serenità, provando inoltre a dare consigli positivi ai più giovani. Signori a Bologna ha trovato un ambiente perfetto, adatto a lui, c'era una sintonia importante con tutti i suoi compagni e un grande armonia con tutta la tifoseria, che gli ha sempre dimostrato un'immensa riconoscenza. Il primo anno con la maglia del Bologna, stagione 98 – 99, dimostrò a tutti che si erano enormemente sbagliati sul suo conto: Signori trascinerà i rossoblù fino ad una storica semifinale di Coppa UEFA contro l’Olimpique Marsiglia che poi sarà la finalista con il Parma campione. Totalizzerà, in tutte le competizioni, 46 presenze segnando 26 reti complessive, mandando un messaggio chiaro a tutti: Signori c’era e non se ne era mai andato. Con gli emiliani Beppe giocherà sei bellissime stagioni, il periodo più lungo trascorso in un club durante la sua carriera, totalizzando 176 presenze con 84 gol messi a segno. Un amore sconfinato con il pubblico di Bologna che Signori ha ripagato con i gol dimostrando di essere un grande calciatore che forse il Mondo del calcio aveva fatto troppo presto ad abbandonare.
A 38 anni decide di appendere le scarpette al chiodo chiudendo la sua esperienza di calciatore al Sopron nel campionato ungherese. Beppe Signori è stato un giocatore senza tempo che avrebbe meritato di vincere un trofeo ma a lui non hai mai importato, perché si è sempre tenuto caro i titoli di capocannoniere in serie A, i 188 gol segnati in massima serie e soprattutto l’amore sconfinato della sua tifoseria nei suoi confronti, soprattutto alla Lazio quando tutta quella gente era scesa in piazza soltanto per lui, per tenersi stretto il loro capitano a tutti i costi. Il calcio è poesia e senza Giuseppe Signori non è più domenica.
Francesco Indelicato
Questo
blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene
aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un
prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. Alcuni
testi o immagini inseriti in questo blog sono tratti da internet e,
pertanto, considerati di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione
violasse eventuali diritti d’autore, vogliate comunicarlo via email stanzavxl@gmail.com. Saranno immediatamente rimossi
Post più popolari

Top 11 Bidoni Juventus (Parte II)
- Ottieni link
- X
- Altre app

La mia top 11 Juventus del cuore
- Ottieni link
- X
- Altre app

Top 11 "Bidoni" della Juventus (Parte 1)
- Ottieni link
- X
- Altre app

La mia Roma del cuore, Top 11
- Ottieni link
- X
- Altre app

Togliamo la nostra Juve dalla serie A e inscriviamola in Premier League siete d'accordo?
- Ottieni link
- X
- Altre app
Commenti
Posta un commento