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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

Franco si sta arrabbiando, ma il pesce puzza dalla testa

La Juventus batte il Napoli con un gol di testa di Gatti e si ritrova momentaneamente al primo posto in classifica, con 36 punti, aspettando Inter-Udinese. Fino a pochi mesi fa sembrava impossibile, considerando una campagna acquisti piuttosto modesta dei bianconeri e la squalifica di Fagioli e Paul Pogba.

Il Napoli sprofonda al 5° posto a quota -12 dalla Vecchia Signora. Quest’ultima guai a darla per morta perché ha sette vite come i GATTI. 

Ormai è finita per gli uomini di Mazzarri - scudetto scucito dal petto soltanto alla 15a - l’obiettivo stagionale è un modestissimo 4° posto in classifica e non sarà affatto facile visto la concorrenza agguerrita di Milan, Roma e Fiorentina.

Terza sconfitta, in quattro match disputati, per il tecnico di San Vincenzo. A questo punto il problema non era Garcia, ma un’ambiente, ormai, diviso tra un Presidente “padre padrone” - tipico di molte aziende italiane a conduzione familiare - e calciatori, dirigenti e tifoseria. Certamente a Napoli tutti volevano continuare a vincere, magari aprendo un ciclo, nonostante l’addio di Spalletti e Giuntoli.

Ovviamente in tutto ciò, mr. Mazzarri non ha colpe particolari. Suo malgrado è salito sul treno in corsa, destinazione ignota, molto probabilmente un treno che deraglierà durante la sua corsa; qualcuno si farà male, ma fa parte del gioco del calcio. Poco ma sicuro, questo non è il Napoli di Mazzarri; quello spettacolare di Cavani, Hamisk e Lavezzi. E’ un Napoli volenteroso - quasi il 66% di possesso palla - ma che scompare alla prima difficoltà durante i novanti minuti di gioco. E’ un Napoli senza “cazzimma”, troppo debole psicologicamente per essere vero.

De Laurentiis ha distrutto, involontariamente, il suo bellissimo giocattolo, questa è la nuda e cruda verità. Fa male, ma è così. SpaceSerieA l’aveva detto in estate. Ma voi non ci avete creduto. Troppo comodo il carro del vincente. Ovviamente, questo non significa togliere meriti a uno dei più grandi Presidenti della storia del Napoli e, probabilmente, del calcio italiano.  

De Laurentiis non ha fatto lo step successivo, quello che si aspetta dalle grandi aziende familiari. Volturarsi in un'Organizzazione con ruoli, autorità e responsabilità definite. I lavoratori non scappano dall’aziende, ma dai capi incapaci.

Resettando l’Organigramma aziendale, rinunciando a persone molto competenti come Spalletti e Giuntoli, De Laurentiis si è posto al vertice alto della piramide come l’unico padre padrone della sua azienda a conduzione familiare. Un datore di lavoro non può aprire, da solo, un dialogo diretto con i suoi dipendenti, soprattutto quando le cose vanno male. Questo è abbastanza lapalissiano.  

In ogni azienda che si rispetti c’è bisogno di dirigenti competenti, dotati di leadership e problem solving, in grado all’occorrenza di fare da filtro tra la proprietà e dipendenti. Dal Datore di lavoro un dipendente si aspetta, soprattutto, lo stipendio a fine mese. Purtroppo, il Napoli di Laurentiis ha perso una grande possibilità, quella di diventare finalmente una grande AZIENDA. Il Napoli di De Laurentiis ha raggiunto il massimo delle proprie possibilità. Per migliorarsi è necessario, direi vitale, uscire dalla propria comfort zone, cambiando politica  e mission aziendale. Sotto il Vesuvio servono dirigenti competenti.

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