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Simone Inzaghi e l'esilio dorato: "tra applausi, silenzi e ingratitudine"!

  Simone Inzaghi, nel silenzio più totale dopo quattro anni intensi, ha lasciato l’Inter. Lo ha fatto pochi giorni dopo una clamorosa e inspiegabile sconfitta per 5-0 nella finale di Champions League contro il PSG, come se la sua squadra non fosse mai realmente scesa in campo. E questo, dopo aver eliminato in semifinale uno dei Barcellona più forti degli ultimi dieci anni, con una prestazione tatticamente perfetta e con quel pizzico di coraggio e fortuna che nel calcio non guastano mai. Il crollo finale, soprattutto in campionato e inspiegabilmente nella partita più importante dell’anno, è stato fatale, ma anche profondamente amaro. Eppure, i Mass media e parte della tifoseria non hanno avuto nessun dubbo: da allenatore in ascesa del calcio europeo a tecnico sopravvalutato e fortunato, il passaggio è stato fulmineo. Inzaghi è stato screditato in fretta e con superficialità, come spesso accade nel nostro Paese quando qualcuno decide di intraprendere strade diverse e quando non ...

La Juve chiama Conte risponde? La rinascita della Juventus passa da lui!

Di tutte le storie che il calcio italiano sa raccontare, quella tra Antonio Conte e la Juventus è una delle più intense, complesse e viscerali. E come in ogni grande storia, non mancano orgoglio, tradimenti, separazioni dolorose e il fascino – per alcuni irresistibile, per altri insopportabile – di un possibile ritorno. La verità è che la Juventus naviga a vista soprattutto in questa stagione "burrascosa", culminata con un esonero in corsa e con l'obiettivo di conquistare quel quarto posto che diventa fondamentale per il futuro. Quindi tutti si interrogano.. Antonio Conte sarebbe la scelta più giusta da fare per ritornare a grandi livelli?

Un presente acceso a Napoli

Conte oggi è al centro del progetto Napoli, almeno sulla carta, e si sta giocando, punto su punto, uno scudetto contro un'autentica corazzata come l'Inter che ieri è caduta, clamorosamente, in quel di Bologna. Ha preso in mano una squadra fatta a pezzi, soltanto l'anno prima, e l’ha riportata a lottare per lo scudetto con la sua solita impronta feroce, fatta di lavoro, concentrazione maniacale e un’identità tattica chiara. Eppure, nonostante i risultati, la frattura con il presidente De Laurentiis sembra sempre sul punto di allargarsi a macchia d'olio. Le sue recenti dichiarazioni, tanto dirette quanto infuocate, lasciano intuire che qualcosa scricchiola nei piani alti e sopratutto nelle idee di squadra del tecnico salentino. Conte pretende campo libero, rispetto e una visione vincente: condizioni che a Napoli appaiono sempre più fragili quando l'interesse è soprattutto economico per il presidente del Napoli:

Tudor, una scommessa in equilibrio

A Torino, nel frattempo, c’è Igor Tudor. Un tecnico preparato, carismatico, con il giusto mix di juventinità e pragmatismo. Sta cercando di trasmettere ordine e mentalità a un gruppo falcidiato dalle impavide scelte di Motta, e ha ancora l’occasione per guadagnarsi sul campo la riconferma se dovesse centrare l'unico obiettivo rimasto oltre che creare un base solida su cui ripartire l'anno prossimo. Ma la sensazione è che si giochi tutto sul filo di un rasoio e che sia stata solo una scelta "temporanea" per ricompattare l'ambiente con un animo più Juventino possibile: un paio di risultati negativi, uno spogliatoio che non segue, e la tentazione di prendere un tecnico "vincente" potrebbero fare vacillare la sua permanenza, ad ogni modo Tudor ha sicuramente chance di rimanere giocandosi tutte le sue carte. Tutti gli hanno appiccicato l'etichetta del "traghettatore".. ma lui "schiva" definendola soltanto una "brutta parola":

 
Il ritorno che divide

Conte è il nome. Non un nome. Il tecnico che ha riportato la Juventus alla vittoria dopo il buio post-Calciopoli, l’uomo del “primo scudetto”, quello del gruppo, della fame, del “non è importante che l’erba sia alta, l’importante è mangiarla”. Ma è anche l’uomo che nel luglio del 2014 se ne andò, a ritiro in corso, lasciando un senso di tradimento che molti tifosi non hanno mai superato. Come se non bastasse, il passaggio all’Inter nel 2019 – con tanto di scudetto nerazzurro – ha trasformato quella ferita in una cicatrice profonda, ancora visibile soprattutto per aver incrinato, ulteriormente, i rapporti con la vecchia presidenza. Eppure, quando si parla di Conte, tutto questo sembra dissolversi di fronte all’idea del “ritorno dell’unico capace di ricostruire davvero”. Perché Conte divide, ma soprattutto trascina. E la Juventus di oggi ha bisogno di qualcuno che la scuota nelle fondamenta, che la riporti, in poco tempo, dove le compete e che ritorni a fare paura quando scende in campo.

Il nodo non è solo tecnico

Il punto non è solo se Conte sia l’uomo giusto dal punto di vista tattico (lo è), né se conosca l’ambiente (lo conosce più di chiunque altro). Il nodo è culturale, emotivo. La Juve è pronta a rimettere Conte al centro del progetto? E Conte, con la sua indole totalizzante, è disposto a lavorare in un contesto in cui il potere decisionale è oggi più frammentato che in passato? Perché per riaccendere la fiamma, non bastano le scintille: serve una base solida.
che oggi chiaramente manca sia sul piano tecnico che soprattutto dirigenziale, Conte è un accentratore e in questo momento la sua scelta potrebbe creare molte tensioni in società ma nello stesso tempo potrebbe rompere degli "equilibri" che evidentemente non stanno per nulla funzionando visto come è andata a finire con Thiago Motta.
 

Una scelta di coraggio (per entrambe le parti)

Accettare Conte, oggi, significa fare una scelta di rottura con la prudenza. È una sfida che porta in dote tensione, aspettative, un possibile scudetto… o un altro addio bruciante. Ma il calcio, come la vita, si costruisce sui rischi. E forse, proprio quando le strade sembrano più distanti, è lì che il destino ha il sio inizio!

Fino alla fine

Ciccio 

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